Israele manovra per successione Autorità Palestinese
Il presidente della Autorità Palestinese (Anp), Mahmud Abbas, ha già annunciato di non volersi candidare per un altro mandato; d’altronde, a parte una credibilità peggio che inesistente e l’età avanzata, sono continui gli appelli perché si dimetta, levando finalmente di torno un personaggio che in tutti gli anni della sua Presidenza, ha fatto solo gli interessi di Israele e di una ristretta cerchia che sul dramma dei palestinesi ha fondato la propria fortuna.
Quello della successione al vertice della Autorità Palestinese è un problema di cui si parla da tempo: l’Anp è un carrozzone gestito da un pugno di corrotti, impegnati a collaborare con l’occupante israeliano mentre si spartiscono il denaro (tanto) che dovrebbe servire a dare sollievo a un Popolo oppresso.
Per Israele, Mahmud Abbas è stato il servitore perfetto, ma a Tel Aviv si rendono conto che un suo nuovo mandato è improponibile, perciò, da tempo, stanno manovrando per trovare un successore da piazzare alla guida della Autorità Palestinese, per usarlo nello scontro che s’avvicina con la Resistenza.
D’altronde, a parte gli apparati dell’Anp che puntano a mantenere il comodo (e lucroso) status quo con le autorità israeliane, ci sono anche ambienti che, spinti dall’esasperazione di una popolazione sul punto di esplodere, vorrebbero una scelta di rottura con il passato di corruzione e collaborazionismo. I nomi che circolano sui media e negli ambienti “informati” di Tel Aviv sono quelli di Mohammad Dahlan e Marwan Barghuti.
Dahlan è un ex leader di Fatah, al centro di mille intrighi con Israele, che quando era a Gaza, prima di essere costretto a fuggirne, ha spremuto la “Striscia” e ricavato somme enormi da traffici illegali e vendendosi a chiunque fosse disposto a pagare bene i suoi “servizi”. Capitali che gli hanno permesso di divenire una potenza economica, con investimenti localizzati soprattutto nel Golfo (vedi gli alberghi di superlusso che possiede ad Abu Dhabi).
Per Israele e l’Egitto, sarebbe ancora più funzionale di Abbas, anche per la sua inconciliabile ostilità con Hamas, ed è per questo che si stanno adoperando per lui senza risparmio, facendo pressioni sull’apparato di Fatah e della Autorità Palestinese, pur sapendo che farlo accettare come Presidente sarebbe un’operazione estremamente ardua per l’enorme discredito di cui è oggetto.
A lui viene opposto Marwan Barghuti, il prigioniero politico detenuto da anni nelle carceri israeliane, ma in grado di esercitare una notevole influenza sul suo partito, Fatah. A Tel Aviv lo vedono ovviamente come il fumo negli occhi, sia per la sua vicinanza alle posizioni della Resistenza, sia per la sua disponibilità ad una riconciliazione con Hamas, sia ancora perché nei Territori Occupati è popolare e, dopo tante marionette manovrate facilmente, la Autorità Palestinese avrebbe un vero leader.
Il fatto è che Israele da tempo medita di aggredire nuovamente Gaza per provare ancora una volta a sradicare Hamas e le altre formazioni che gli si oppongono, prima che, dopo la vittoria che si sta delineando in Siria ed Iraq, le forze della Resistenza convergano in Palestina contro l’occupazione sionista.
In questa prospettiva, per Tel Aviv è imperativo tentare di disinnescare la questione palestinese, e potrebbe farlo in due modi: o mettendo a capo della Autorità Palestinese un uomo come Dahlan, o, meglio ancora, puntando su di lui per far scoppiare una guerra interna che divida i palestinesi e assorba forze e attenzione della Resistenza.
Nell’ottica di suscitare una guerra fratricida, meglio: fra apparati corrotti e militanti esasperati dall’occupazione, permettere anche una candidatura Barghuti andrebbe bene per Israele, naturalmente continuando a tenerlo in carcere.
Ma, al di là della facciata, la Autorità Palestinese è ormai irrimediabilmente screditata, sia a Gaza che nei Territori, a fronte del crescente consenso sia di Hamas che delle altre Organizzazioni palestinesi, tutte ormai orientate verso il Fronte della Resistenza.
di Salvo Ardizzone