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Israele complice del genocidio di Srebrenica

Avere venduto armi alla Serbia nel corso del genocidio in Bosnia o al governo nazionalista hutu in Rwanda significa che Israele tradisce l’eredità dell’Olocausto. È un crimine che nessun Paese ha diritto di compiere e tanto meno Israele, il cui Stato è fondato sulle ceneri di un altro genocidio.

È una questione morale di base per due ebrei, il professor Yair Auron e il procuratore Itay Mack, fare chiarezza sull’eventuale complicità di Israele nel massacro di Srebrenica, genocidio avvenuto durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina nel 1995, ad opera delle forze del generale Ratko Mladić, condannato al carcere a vita dal tribunale delle Nazioni Unite sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia.

I due, che sono esponenti per i diritti umani a Gerusalemme, hanno presentato una petizione per chiedere allo Stato di rivelare i suoi documenti riguardanti la complicità di Israele nel genocidio bosniaco. Con la petizione sono state anche presentate le prove raccolte, queste dimostrano che Israele ha inviato armi alle truppe serbe e serbo-bosniache durante gli anni della guerra in Bosnia, nonostante l’embargo posto dalle Nazioni Unite a tutta la ex Jugoslavia.

Come riportato dal blogger israeliano che scrive sotto lo pseudonimo di John Brown, poi rilanciato sul magazine +972, i due attivisti hanno presentato, tra gli altri documenti, anche il diario personale dello stesso Ratko Mladić, nel quale “si menzionano esplicitamente i legami del commercio di armi esistenti tra la Serbia ed Israele”.

Corte Suprema di Israele ha rigettato la richiesta

La Corte Suprema di Israele ha rigettato la richiesta sostenendo che rendere pubblico un coinvolgimento di Israele nel genocidio danneggerebbe la sicurezza e le relazioni estere dello Stato in maniera sproporzionata rispetto a quanto gioverebbe al pubblico interesse. Il motivo del rigetto rappresenta un implicito riconoscimento della complicità di Israele nel genocidio di Srebrenica, è un’ammissione de facto di Israele di aver collaborato con il genocidio bosniaco. Se il governo non avesse nulla da nascondere, i documenti in discussione non rappresenterebbero una minaccia per le relazioni estere.

Il procuratore Mack ha spiegato che, anche se la Corte Suprema ha respinto la richiesta, la decisione è ancora significativa, in quanto i giudici non hanno negato l’esistenza di elementi di prova delle esportazioni di armi,  ha anche ammesso che hanno i documenti per dimostrarlo.

Dal canto suo Yair Auron, che è professore di studi sull’Olocausto e il genocidio all’Open University di Israele, ha dichiarato che non si aspetta che Israele dica che sono dei criminali. Troveranno un modo o un altro per evitare il problema. Ma è un crimine e, se qualcuno commette un crimine come questo, deve essere punito.

Ipocrisia sionista

La Corte Suprema ha anche respinto la loro petizione per rivelare documenti di Stato in materia di esportazioni di armi verso il Rwanda durante il genocidio. La corte similmente ha affermato che non avrebbe giovato all’interesse pubblico e avrebbe danneggiato la sicurezza dello Stato e delle relazioni internazionali

“Mi stanno rendendo un criminale perché sono un cittadino dello Stato di Israele, che commette questo crimine”, ha spiegato Auron. “Io non sono Sancio Panza a Don Chisciotte. Devono sapere che ci sono persone in Israele che non consentono loro di continuare con questi crimini”.

Gli interessi di Israele come trafficante d’armi risultano quindi superiori alla legittimità di uno Stato fondato sulla devastazione della sua gente dopo l’Olocausto.

di Cristina Amoroso

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