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Israele, aumentano proteste contro Netanyahu

Non si fermano le proteste delle famiglie dei rapiti israeliani detenuti nella Striscia di Gaza; sono oramai quotidiani i sit-in, i blocchi stradali e le irruzioni negli edifici governativi. Davanti a questo scenario, cresce il timore in Israele che il primo ministro Benjamin Netanyahu non sia in grado di liberare i prigionieri e di raggiungere gli obiettivi fissati dopo l’operazione Iron Swords. Il quotidiano ebraico “Haaretz” afferma nel suo editoriale che “il futuro di Israele dipende dalla caduta dell’attuale governo. Il giornale suggerisce in un articolo che l’unico modo per cambiare direzione è intensificare significativamente le proteste, chiedendo la restituzione degli ostaggi, la fine della guerra ed elezioni anticipate.

Fallimento a Gaza

Gli ostaggi sono ancora detenuti da Hamas e il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza ha raggiunto oltre 32mila, come riportato dal Ministero della Salute palestinese. Il nord di Gaza è a un passo da una devastante carestia. Gli Stati Uniti, il più stretto alleato di Israele, hanno proposto una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che chiede un cessate il fuoco di sei settimane e il rilascio degli ostaggi. Ciò avviene in un momento di peggioramento delle relazioni tra i due Paesi e di crescenti tensioni con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha perso la fiducia della Casa Bianca.

Il futuro di Israele dipende dallo scioglimento del suo governo e, sfortunatamente, il mondo non sembra preoccuparsene. Il presidente Biden ha scelto ipocritamente di fornire aiuti a Gaza tramite lanci aerei e di costruire lì un molo temporaneo. A parole sarebbe contrario anche a qualsiasi azione militare a Rafah. Inoltre, il democratico Chuck Schumer, leader della maggioranza al Senato, ha chiesto nuove elezioni in Israele, avvertendo che Netanyahu sta ritardando la pace e che la sua coalizione di governo è dannosa per il benessere di Israele.

Israele verso il collasso

Anche tra i suoi alleati crescono le critiche nei confronti dell’operato di Israele a Gaza. Il ministro degli Esteri canadese, Melanie Jolly, ha annunciato che il Canada smetterà di inviare armi a Israele. Questo effetto a catena è evidente nelle sanzioni imposte ai coloni violenti: seguendo l’esempio di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, anche i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno deciso di agire. Ciò segna una mossa significativa e benefica che stabilisce i limiti legali delle azioni di Israele.

Inoltre, per la prima volta dal 1966, Israele è stato classificato dal V-Dem come democrazia elettorale piuttosto che come democrazia liberale. Il V-Dem è un’organizzazione rispettabile che valuta il tipo di governo del paese. La classificazione di Israele indica che, mentre il diritto di voto rimane intatto, ci sono preoccupazioni circa il suo impegno verso principi come l’uguaglianza, i diritti delle minoranze, la libertà di espressione e il rispetto dello stato di diritto.

Tutti questi segnali sono molto preoccupanti: la democrazia israeliana si sta deteriorando, il governo è disconnesso dalla realtà e la comunità mondiale sta diventando impaziente. Per invertire questa tendenza è necessario aumentare significativamente l’intensità delle manifestazioni, incoraggiare il ritorno sicuro degli ostaggi nelle loro case, porre fine alla guerra e anticipare le elezioni.

di Redazione

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