Conoscere l'Islam

Islam ed immigrazione tra propaganda e Fake news

Il nome stesso ci offre una traccia, tradisce l’origine dello Shaykh Damiano Abbas Di Palma, nome italianissimo per un religioso musulmano nato e cresciuto a Firenze, città che ha presto lasciato per seguire i suoi studi nelle scienze islamiche. Laureatosi in Inghilterra, ha proseguito il suo perfezionamento nei centri teologici di Damasco e Qom. A Londra è stato docente presso l’Università Islamica “Hawza Ilmiyya” e l’Istituto “al-Jannat”. Un percorso da “migrante” per l’Hojjatolislam sciita, che lo ha portato dalle rive dell’Arno a quelle del Tamigi, dove tutt’ora continua a insegnare e studiare. Abbiamo colto l’occasione della sua presenza a Roma, per un corso sulla dottrina islamica da lui tenuto, per rivolgergli alcune domande in tema di Islam ed immigrazione.

L’immigrazione è uno dei temi caldi di cui si dibatte nei media e nei luoghi di aggregazione. È noto che una parte considerevole di immigrati presenti in Italia sono di religione musulmana, intravede in questo una relazione?

Spesso, dalle nostre parti, quando si vuol parlare di Islam si tende ad imbastire un dialogo partendo dal piano sociale finendo poi col trarne conclusioni anche di tipo economico e politico. Ciò implica una negligenza fondamentale nei riguardi di un aspetto più profondo che gli appartenenti ad una data religione sono chiamati a vivere. Infatti così facendo l’Islam, che è abbandono fiducioso da parte del credente realizzato per mezzo della fede e perfezionato dall’ascesi spirituale e dalle virtù morali, viene abbassato e svilito a livello di realtà sociale lungi da ogni trascendenza che invece ne rappresenta l’essenza. Ed è qui che l’Islam perde della sua universalità, diviene al massimo mera ideologia o, in altre parole, perde la sua islamicità.

Per comprendere il fenomeno è dunque necessario fare qualche passo indietro. Noi crediamo che l’uomo sia stato dotato di una coscienza naturale che lo sprona alla verità, la quale si manifesta in tutta la sua purezza e integrità nell’esperienza religiosa che è amore verso Dio e il bene che ha creato. Le buone opere hanno dunque, anche nel sociale, senso compiuto solo se relazionate alla loro origine sacra muovendosi così verso un destino divinamente ispirato ed escatologicamente attuabile.

L’immigrazione di massa in Europa, in cui molti musulmani sono, volenti o nolenti, protagonisti, ha senza dubbio un’origine sociale, ma confinare l’Islam, come si fa oggi in certi ambienti, ad una realtà sociologica per farne utilizzo strumentale alla politica è scorretto, malsano e fuorviante. Sarebbe comunque un errore riconoscere il ruolo religioso e spirituale che l’Islam ha in certe aree geografiche e poi negarlo, vuoi per ignoranza o malafede, dalle nostre parti. Dunque in definitiva è doveroso chiarire che non necessariamente parlare di Islam significa parlare di immigrazione e viceversa.

È comunque un dato che la maggioranza dei musulmani in Italia sia composta da immigrati o da figli di immigrati di seconda o terza generazione:

Un musulmano è chiamato a rendere testimonianza della propria religione con l’intenzione e la parola, l’Islam invece è purezza, è inalterabile, e si armonizza con determinate attitudini e azioni. Per questo l’Islam può essere rappresentato solo da chi con esso si identifica, non da retroterra geografici o prettamente culturali.

Con l’aumento del tasso di disoccupazione e di criminalità, molti affermano che l’immigrazione possa rappresentare un notevole problema dal punto di vista sociale:

A rigor di logica perlomeno, non c’è alcun nesso necessario tra l’aumento della disoccupazione e quello della popolazione. Un aumento della popolazione non induce ad un incremento del tasso di disoccupazione a meno che gli affari nella società vengano gestiti malamente. Durante il periodo di persecuzione dei musulmani a Mecca, la popolazione dell’allora Yathrib, l’attuale Medina, diede il benvenuto ai musulmani ed il Profeta stesso, eletto con gioia a capo di Stato dagli stessi medinesi, diffuse sin da subito il sentimento della fratellanza che servì poi a risolvere grandi problemi. È degno di nota che la popolazione di Medina aumentò notevolmente, senza però creare problemi di natura sociale o economica.

Infatti, più persone necessitano di maggiori occasioni di lavoro, il quale, se svolto in un ambiente di comune fratellanza, incrementa e non può far altro che giovare alla società. Il discorso della criminalità è diverso perché, nonostante le statistiche a volte contrastanti, è pur vero che l’immigrazione di massa in un Paese che non ha la struttura necessaria per ospitare tutti provoca il più delle volte disagio sociale, il quale a sua volta è uno stimolo per il proliferare della criminalità. Questo è certo un grande pericolo ma, paradossalmente, non significa altro che de-islamizzare i musulmani che invece di trovare terreno fertile per coltivare un migliore rapporto con Dio, loro stessi e il prossimo, sprofondano invece nell’abisso di una società che non ha saputo o potuto offrirgli niente se non il mito, per alcuni forse raggiungibile, di un americanismo sfrenato alla ricerca di sballo, denaro e potere.

Certamente c’è anche chi si accontenta di fare una vita semplice ma che in ogni caso non lascia troppo spazio ad una vita pienamente religiosa o alla ricerca di nobili traguardi. I movimenti religiosi sono qui una minoranza spesso impossibilitata a organizzare una vita all’insegna delle proprie idee e dei propri valori. Ecco quel che l’Occidente ha da offrire a giovani immigrati musulmani. Ci sono poi flussi migratori che da Occidente si spostano verso i Paesi islamici penetrandovi a dovere, sono flussi costituiti non da migranti fisici, ma da idee e concezioni a-religiose, immorali e sovversive. Questo perché c’è un piano a livello internazionale per distruggere l’Islam su tutti i fronti.

Lei cita il problema della mancanza di religiosità, ma notiamo che dove è presente genera l’allarme del terrorismo:

L’allarme terrorismo è stato creato dai “poteri forti”, non da immigrati, né tantomeno da musulmani. Onde indebolire e annientare quegli Stati non in linea con il diktat di questi “poteri forti”, hanno organizzato una sofisticata rete terroristica da un lato ed un’efficace macchina propagandistica dall’altro, condita da una crisi economica calzata a pennello per poi incanalare i sentimenti frustrati di noi occidentali contro chi, in fin dei conti, è maggiormente vittima in questo sporco gioco di potere. Guarda caso, sono state proprio le popolazioni e le comunità musulmane ad essere state colpite da tutto ciò: milioni di morti vittime del terrorismo anti-islamico creato a tavolino, altrettanti milioni di rifugiati mossi da pressioni economiche e militari anch’esse originate dallo stesso tavolo, e le piccole comunità musulmane presenti in Occidente costrette a subire discriminazioni e un terrorismo psicologico quotidiano.

Un’ultima considerazione sulla situazione attuale:

Lo sfruttamento che da secoli stiamo facendo ai danni di altri Paesi deve terminare. Dobbiamo innanzitutto cambiare il modo di rapportarci con gli altri ed abbiamo il dovere di guardare maggiormente dentro noi stessi. Ci si aiuti tutti quanti vicendevolmente con un aiuto sincero e non con reciproco inganno fatto per accumulare consensi. Detto questo, si badi bene che il miglior aiuto non è quello che si offre dando ogni giorno del cibo al bisognoso ma quello di insegnare al bisognoso come procurarsi il cibo. Aiutare certamente il prossimo, ma con saggezza, per miglioramento nostro e suo. Capisco che detto così sembra un principio forse troppo generale, ma è chi amministra e gestisce gli affari del Paese che dovrebbe considerare come realizzarlo nello specifico, con giustizia ed in base alle esigenze reali e presenti. E solo persone di fede e buona volontà penso possano affrontare con successo una tale situazione.

Fonte: IslamShia

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