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Quando l’Isis si trasforma in brand

Negli ultimi giorni abbiamo avuto notizia dei nuovi stratagemmi del terrore ideati dall’Isis, il sedicente Stato Islamico o Daesh, per riconquistare quella credibilità che sta via via perdendo. Civili usati come scudi umani e appesi ai pali e giocattoli imbottiti di esplosivo per colpire direttamente i bambini, come riportato da Emma Graham-Harrison qualche giorno fa sul Guardian. Non solo, ipotesi di armi chimiche e depositi di sostanze tossiche, sembrano essere queste le nuove strategie ideate dal Califfato per far circolare ancora il terrore. I depositi di sostanze tossiche potrebbero infatti essere colpiti dai raid della coalizione internazionale. Più l’Isis perde terreno, più aumentano in rete i comunicati sulla brutalità e l’efferatezza dei terroristi. La rete diventa così il miglior complice nella diffusione del terrore. Un alleato potente che garantisce il massimo risultato con il minimo sforzo sul campo.

Isis e la strategia del terrore
Isis, jihadista carica esplosivo nei giocattoli

Isis, la realtà sul campo e quella virtuale

L’esercito iracheno, o quel che ne rimane, ha dichiarato oggi di aver riconquistato Nimrud, attaccata e distrutta dai miliziani più di un anno fa. Anche la distruzione dei patrimoni archeologici dell’intera umanità fa parte della stessa strategia di rendere il terrore un marchio, riconoscibile ovunque sia passata la furia cieca dell’Isis. Stesso principio vale per i cosiddetti lupi solitari responsabili degli attentati in Europa. Sappiamo poco o niente di loro, ma sappiamo che possono attaccarci ovunque. Siamo vulnerabili quando andiamo al ristorante, ad ascoltare un concerto e mentre prendiamo comodamente il sole nelle nostre spiagge. Ignorare cosa succede in Medio Oriente è un lusso che non possiamo più permetterci. Ed è questa la vera conquista dell’Isis, anche se dovesse essere sconfitto sul campo di battaglia, la paura sopravviverà.

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