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Ramadan, vivere il mese sacro durante una pandemia

Il 13 aprile di quest’anno è iniziato il Ramadan. Secondo il Corano, l’inizio di questo periodo corrisponde con il nono mese lunare musulmano e termina nel decimo mese lunare musulmano. Per questo motivo non è possibile individuare un’unica e precisa data in cui questo rito, molto prezioso per i fedeli della Shariʿah, inizia e finisce. Ogni anno, infatti, viene resa nota la calendarizzazione del mese sacro, secondo i ricalcoli che vengono perciò effettuati.

Con il termine Ramadan, che in arabo significa “torrido” – a simboleggiare il clima tipico del mese in cui cade -, si indica quel periodo dell’anno in cui i musulmani di tutto il mondo osservano il digiuno per purificare il proprio corpo e il proprio spirito. L’astensione dal cibo e da ogni tipo di cosa che possa distogliere il fedele dalla purificazione, è accompagnata da un’attività di preghiera più intensa rispetto al solito. Questa una vera e propria prescrizione che stabilisce una ferrea routine. Bisogna osservare il digiuno dall’alba al tramonto, mentre dal tramonto all’alba può interrompersi. Questo momento è vissuto come una vera e propria festa dai fedeli che, nelle ore serali, si dedicano alla degustazione di pietanze prelibate, inframezzata da riflessioni e preghiere che vanno avanti fino a notte inoltrata.

Vivere il Ramadan lontano dalla propria terra

Il Ramadan è per tutti i musulmani il periodo più bello dell’anno, quello che aspettano con fremito e che accolgono con gioia. Lo scorso anno è stato un periodo difficile per tutti, ma per loro ancora più duro da sopportare, non potendo condividere i momenti di preghiera con nessuno ed essendo impossibilitati a recarsi in moschea o in una sala apposita. Ancora più difficile per coloro che, lontani dal proprio Paese di origine, si trovano in un contesto culturale e religioso completamente diverso dal proprio e, per ciò, sono anche lontani dalla propria famiglia. Questo è il caso di Aicha Achchab, marocchina di Casablanca che si è trasferita in Italia ed ora abita a Chieti, in Abruzzo.

«Lo scorso anno ho sentito una doppia chiusura, la chiusura di non essere nella mia terra e di non poter vedere la mia famiglia, e la chiusura dovuta alla pandemia in corso. Ero arrivata al limite. L’unica cosa che mi ha dato la forza è stata la preghiera», così Aicha racconta come ha vissuto il lockdown e continua «la comunità musulmana di Chieti è sempre stata costretta ad andare a Pescara o ad Orsogna per raggiungere le sale di preghiera durante il Ramadan, ma non era più sostenibile viaggiare di notte, dovendo pregare.

Una sala di preghiera durante una pandemia

Quest’anno, con il coprifuoco era proprio impossibile, così mi è venuta questa idea». Aicha Achchab, infatti, già promotrice della cultura marocchina in Abruzzo con la sua associazione “Aicha e le bellezze del Marocco”, ha realizzato un progetto molto importante: grazie alla disponibilità del comune di Chieti, della Questura e dell’Associazione “APS Luca Romano” ed in collaborazione con il Palazzo Lepri, ha ideato una sala di preghiera per i musulmani della città e delle zone limitrofe. La sala è stata allestita proprio nel Palazzo Lepri, nel centro storico del capoluogo teatino, e resa disponibile per tutto il mese del Ramadan, dallo scorso 13 aprile al prossimo 12 maggio, seguendo tutte le normative per prevenire il contagio dal nuovo coronavirus.

«Siamo a Chieti, una bella e accogliente città, in cui è presente una vasta comunità musulmana, perciò mi sono messa all’opera e grazie a Dio sono riuscita a fare questa cosa», spiega Aicha e va avanti così «sono stati tutti disponibili e hanno capito il nostro bisogno di pregare. Abbiamo il diritto di vivere una festa per noi grande, perché questo è un mese di festa».

La sala è divisa in parte maschile e parte femminile, prima di entrare è necessario misurare la temperatura corporea, usare il gel sanificante, occorre inoltre munirsi di un tappetino per la preghiera e, come in tutti i luoghi di culto islamici, è obbligatorio togliersi le scarpe prime di entrare ed essere molto coperti. I posti non sono tanti, ma sono limitati ed è ovviamente assicurata una giusta distanza l’uno dall’altro, ogni posto è delimitato ed il tutto è rivolto verso la qibla, ovvero verso La Mecca.

Il Ramadan dal punto di vista di una fedele, Aicha

«Per noi il Ramadan non è sofferenza, è gioia. Lo aspettiamo durante tutto l’anno, è come una festa», questa è la prospettiva di una musulmana che vive la propria fede con spirito e dedizione. Aicha racconta, inoltre, che la cultura islamica e marocchina non è, dal suo punto di vista, come viene dipinta dalla maggior parte degli occidentali, ma garantisce determinati valori per niente scontati. Oltre la visione della donna, Aicha parla di come il Corano impartisca la lezione del Ramadan ai fedeli: per Allah la salute viene prima di tutto, infatti il digiuno viene osservato solo da chi può -sempre nella garanzia delle esigenze di ognuno.

Infatti, per alcune categorie di persone è possibile non assecondarlo. Sono fuori da questo rigido compito i malati gravi, le donne durante il periodo delle mestruazioni, donne in stato di gravidanza e neomamme, i bambini ed i ragazzi e le ragazze ancora in fase adolescenziale, ovvero prima dello sviluppo.

Preghiera e fede fattori essenziali nella vita

Nel mese del Ramadan, durante il giorno non si effettuano pasti, eccetto l’assunzione di alcuni frutti come mandorle o datteri, e acqua. Le donne si dedicano, durante il pomeriggio, alla cucina di piatti che verranno poi consumati da dopo il tramonto fino all’alba. La notte, inoltre, per i fedeli è molto proficua poiché attraverso un’intensa attività di preghiera è possibile chiedere il perdono ad Allah per tutti i peccati commessi durante l’anno. Per Aicha la preghiera e la fede sono fattori essenziali nella sua vita e la pandemia le ha fatto capire, ancora di più, quanto questi valori siano gli unici davvero importanti e lo spiega così «ho capito che con le cose materiali non te ne fai niente.

Con questa chiusura siamo stati fermati e ho capito che dei vestiti firmati non te ne fai niente perché non puoi più uscire, e neanche tanti soldi sono importanti, ma l’unica ricchezza è ringraziare le persone attraverso la preghiera, pregare per loro ed essere gentile nei confronti degli altri. Sappiamo bene che comportarsi in maniera giusta con gli altri è molto difficile, ma la mia fede mi dà la forza per farlo».

Aicha si confida e dice che ciò intorno a cui ruota tutto è proprio il nostro atteggiamento nei confronti della vita e degli altri esseri umani, è necessario quindi il rispetto e solo comportandoci così assolviamo al nostro compito sulla terra, «siamo tutti uguali, siamo tutti fratelli e sorelle e andiamo via, così come siamo arrivati qui, allo stesso modo. Abbiamo il dovere di riflettere sul nostro comportamento e su Dio, subhanahu wa ta’ala».

di Marzia Cotugno

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