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Iraq ostaggio del ricatto americano

Gli Stati Uniti non hanno impiegato molto a riportare l’Iraq al punto di partenza. La deroga degli Stati Uniti è scaduta il 7 marzo e non c’era dubbio che l’attuale amministrazione non l’avrebbe rinnovata. La decisione è chiara: interrompere le forniture di gas iraniano all’Iraq e spingere il Paese in una crisi energetica senza fine. Non è la prima volta che Washington usa il dossier dell’elettricità come arma contro l’Iraq, ma la novità è che oggi Baghdad appare ancora più impotente di fronte alla mancanza di alternative e alle circostanze della regione.

Lo scenario è ormai noto. Washington impedisce all’Iraq di importare energia dall’Iran e ostacola qualsiasi tentativo serio di creare alternative pratiche. Gli iracheni stanno affrontando un disastro inevitabile. Tutti sanno che l’Iraq non è pronto a rinunciare al gas iraniano, ma gli americani vogliono imporre un nuovo fatto compiuto, indipendentemente dall’esito.

L’ironia è che Washington, che afferma di avere a cuore la stabilità dell’Iraq, è la stessa che gli impedisce di avere alternative realizzabili. Anche quando i funzionari americani parlavano di progetti di interconnessione elettrica con il Golfo, era chiaro che si trattava solo di un argomento di consumo mediatico, perché questi progetti richiedono anni per essere implementati, mentre la crisi sta peggiorando ora, non tra qualche anno.

Iraq strumento di pressione anti-Iran

Gli americani hanno un obiettivo immutabile: strangolare l’Iran. L’Iraq non è altro che un ulteriore strumento di pressione, proprio come lo fu il Libano anni fa, quando Washington promise di aiutarlo a garantirsi l’elettricità tramite Egitto e Giordania, solo per bloccare l’importazione di petrolio iraniano. All’epoca il gas egiziano non arrivò e l’amministrazione statunitense non si mosse per fornire alcun reale sostegno; lo stesso scenario si sta ripetendo ora in Iraq.

I funzionari iracheni non avevano bisogno di esprimere la loro impotenza, poiché la realtà era più chiara di qualsiasi affermazione. Non ci sono alternative rapide, né piani pronti, e il Paese si sta dirigendo verso una crisi aperta. I progetti di interconnessione elettrica con il Golfo non sono stati completati, l’autosufficienza nel gas iracheno è ancora lontana e l’importazione di gas da altri Paesi richiede infrastrutture inesistenti.

Questa crisi pone l’Iraq di fronte a diversi scenari, che non sono predittivi, ma piuttosto una lettura della storia di Baghdad, che è piena di esperienze simili:

  • Arrendersi alle condizioni americane, il che significa che l’Iraq accetterà gli orientamenti politici ed economici di Washington, ridurrà la cooperazione con l’Iran e concederà privilegi alle aziende americane nel settore energetico. Questa opzione potrebbe allontanare temporaneamente lo spettro della crisi, ma porterà a un duro confronto interno.
  • Ricorrere a soluzioni frammentarie, come l’acquisto di elettricità da altri Paesi in quantità limitate o il tentativo di far funzionare le stazioni con combustibili alternativi, ma queste misure non impediranno tensioni e caos.
  • Una grave crisi interna, che è lo scenario più probabile, poiché si ripeteranno le scene di proteste che hanno rovesciato i governi precedenti, in particolare il governo di Adel Abdul Mahdi, che ha dovuto affrontare la rabbia popolare a causa del deterioramento dei servizi e delle interruzioni di corrente.

Terreno di gioco per regolamenti di conto tra potente

L’Iraq oggi si trova sull’orlo del caos, tra infinite pressioni interne ed esterne. La scena politica irachena è caratterizzata da un intenso intreccio di interessi tra potenze regionali e internazionali, poiché l’Iraq è diventato un terreno di gioco per regolamenti di conti tra le grandi potenze, in particolare gli Stati Uniti.

Gli interventi americani, che assumono varie forme, tra cui sanzioni economiche e pressioni politiche, non si limitano più ad assediare l’Iraq solo a livello militare e di sicurezza, ma vanno oltre, tentando di tracciare una nuova mappa dell’influenza economica e politica, dirigendo la pressione sulle risorse energetiche.

Gli Stati Uniti, che vedono nell’Iraq un perno importante nella loro battaglia regionale contro l’Iran, stanno usando il dossier dell’elettricità e del gas come strumento di ricatto, impedendogli di attivare reali alternative e costringendolo a seguire la strada delle scelte impossibili. Questo intervento americano, che da lontano sembra una politica di pressione e contenimento, è in realtà parte di una strategia più ampia volta a rimodellare l’Iraq nel quadro dei propri interessi, con totale disprezzo per le esigenze del popolo iracheno e le sue crisi in corso.

L’Iraq si ritrova perso tra le condizioni imposte dagli Stati Uniti e le sfide strutturali e culturali imposte dalla realtà interna, che confondono tutti i tentativi di riforma e aggravano ulteriormente la sua crisi politica ed economica.

di Maryam Al-Sablani

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