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Malvinas: referendum deciderà futuro delle isole contese

C’è una data segnata in rosso sul calendario del premier britannico David Cameron e della presidentessa argentina Cristina Kirchner quella del 10 marzo. Quel giorno infatti si apriranno le urne nelle isole Falkland/Malvinas con la popolazione locale che, 180 anni dopo l’arrivo degli inglesi, deciderà se rimanere nel regno inglese o entrare a far parte dell’Argentina.

Dopo la guerra tra Inghilterra e Argentina dei primi anni ‘80 negli ultimi mesi la tensione tra Londra e Buenos Aires è tornata a salire tanto che le due parti non si sono risparmiate nel lanciarsi nuove accuse.

“Siamo pronti a difenderle anche combattendo” ha in più occasioni ribadito Cameron contribuendo a rialzare il tono di uno scontro mai definitivamente archiviato.

Dall’Argentina non avevano perso l’occasione per rispondere per le rime definendo le parole del premier britannico “minacce militariste”; ricordando che Buenos Aires aveva già presentato una denuncia presso l’Onu sulla possibile presenza di armi nucleari da parte degli inglesi.

Pare opportuno ricordare che nei mesi scorsi il numero uno argentino aveva provato a dirimere questa matassa invitando la controparte a negoziare una soluzione sulle isole contese.

Londra però aveva rifiutato sdegnosamente l’invito ricordando che in passati gli abitanti del piccolo arcipelago avevano manifestato in modo abbastanza chiaro la volontà di rimanere sotto la corona inglese.

Cameron ed i suoi sono pronti a scommettere sull’esito della consultazione, i sondaggi non sembrano dare possibilità ai filo argenti, anche perché il grosso degli abitanti è rappresentato da persone di origine britannica, in particolar modo scozzese, e dalle famiglie dei militari lì di stanza.

Nonostante ciò è indubbio che negli ultimi mesi sia stata realizzata una vera e propria militarizzazione della zona, gli stessi inglesi non hanno mai nascosto di disporre in loco di importanti dispositivi di difesa del territorio; Londra non vuole che si ripeta la situazione dell’82.

All’epoca infatti l’allora primo ministro Margaret Thatcher fu colta di sorpresa dall’invasione argentina delle isole e ad un certo punto fu anche tentata di “patteggiare” una soluzione.

Nella disputa però, a complicare ancora di più il quadro, si è inserito a sorpresa un terzo pretendente: l’Uruguay.

È infatti di recente pubblicazione nello stato indio-latino un libro a firma di un ingegnere e di un architetto che avanza nuove ipotesi. I due prendono spunto da un trattato poco noto siglato nel 1841 dalla Spagna e dall’Uruguay, in base al quale il porto militare di Montevideo, uno dei tre

avamposti navali della corona spagnola in America Latina, avrebbe mantenuto sotto la sua amministrazione i territori che controllava dalla metà del secolo XVIII, fra i quali appunto l’arcipelago conteso.

Nel 1858 la corona spagnola sottoscrisse un accorso identico con l’Argentina ma a quel punto non avrebbe potuto inserire l’arcipelago in quanto non più possedimento iberico ma uruguaiano. A dare ulteriore sostegno a questa ipotesi poi il fatto che l’accordo del 1841 ha rappresentato la base legale per il Trattato Antartico sottoscritto da Argentina e Uruguay nel 1972, e successivamente confermato dai Parlamenti delle due capitali del Rio de la Plata che in questo modo hanno riconosciuto implicitamente quanto concesso dalla Spagna all’Uruguay nel secolo precedente, inclusa l’amministrazione delle isole.

Le rivendicazioni uruguaiane ora potrebbero creare ulteriori tensioni, anche se più che altro appare una manovra di disturbo nei confronti dell’Argentina atta solo a rinforzare il fronte filo britannico presente sull’isola.

di Fabrizio Di Ernesto

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