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L’Onu denuncia torture e maltrattamenti nelle prigioni libiche

di Cristina Amoroso

La tortura è una pratica diffusa nei centri di detenzione libici, teoricamente sotto il controllo del governo, in realtà diretti da quelle stesse brigate che hanno assunto il controllo delle prigioni quando è scoppiato il conflitto armato in Libia nel 2011.

Torture e trattamenti degradanti sono una “risorsa” per estorcere confessioni e, dal 2011, sono stati confermati 27 casi di morti provocate dalla tortura, delle quali 11 solo quest’anno.

“La tortura è generalizzata ed è la pratica più frequente, immediatamente dopo un arresto e i primi giorni di interrogatorio, per ottenere confessioni e altre informazioni”, ha commentato la portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani (OHCHR), Ravina Shamdasani, sottolineando che: “In alcuni casi, i membri delle brigate armate hanno ammesso liberamente e perfino tentato di giustificare la violenza fisica contro i detenuti”. Gli autori del rapporto hanno documentato le loro osservazioni in 30 centri di detenzione che hanno visitato nel corso degli ultimi due anni.

Secondo i dati della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), nelle carceri libiche ci sono circa 8 mila persone recluse per la loro partecipazione al conflitto armato. In grande parte si tratta di prigionieri trattenuti senza le dovute garanzie processuali, senza avvocato e senza la possibilità di contattare i propri familiari.

Shamdasani ha invitato Tripoli ad agire rapidamente per portare tutti i servizi completamente sotto il controllo statale e rinnovare “gli sforzi per rende efficiente il sistema di giustizia penale.”
Nel febbraio del 2011, i libici hanno intrapreso una rivoluzione contro il regime quarantennale di Gheddafi che lo depose nel mese di agosto 2011. Fu ucciso nella sua città natale di Sirte, il 20 ottobre dello stesso anno.

Bengasi, seconda città più grande della Libia e il luogo di nascita della rivoluzione del 2011, rimane in gran parte sotto il controllo delle milizie in assenza di sicurezza libica unificata e forze militari. Gli ex ribelli rifiutano di deporre le armi, nonostante gli sforzi del governo centrale di imporre la legge e l’ordine.

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