Iran: corruzione alla corte di Rohani
Il Presidente iraniano Hassan Rohani era alle prese con la formazione del suo secondo governo per la fiducia al Parlamento quando, come una doccia fredda, è arrivata la notizia dell’arresto di suo fratello Hossein Fereydoun.
La notizia è stata data domenica 16 luglio dal portavoce della magistratura iraniana, Gholamhossein Mohsenì Ejeì. L’accusa è di reati finanziari, ma sull’arresto di Fereydoun non sono mai trapelate ulteriori precisazioni.
Rilasciato su cauzione, pagata 15 milioni di euro, ora Fereydoun è in libertà vigilata e non può lasciare il Paese.
Chi e’ Hossein Fereydoun
Già governatore delle città di Neishabur e Mashad, il fratello e consigliere del Presidente Rohani è stato per otto anni ambasciatore iraniano in Malesia e successivamente membro della delegazione di rappresentanza dell’Iran all’Onu.
Conclusa la carriera diplomatica Fereydoun è stato consigliere del fratello maggiore per il Centro di Studi Strategici fino al 2013, anno in cui Rohani, dopo la sua salita al potere, lo elesse come “consigliere particolare del presidente della Repubblica per gli affari esecutivi”. Mossa per la quale Rohani è stato ampiamente criticato.
Le polemiche su Fereydoun
Figura ambigua quella di Fereydoun, conosciuto anche come “l’uomo delle banche”. Personaggio dall’atteggiamento sibillino, nel 2014 è stato più volte criticato dai media per l’abitudine di conversare nello stretto dialetto di Sorkhè (piccolo borgo della regione del Semnan, da cui proviene la famiglia Rohani) con il Presidente, in merito all’esito dei negoziati sul nucleare.
Alcuni politici conservatori sostengono avesse più volte impartito ordini, dalla presidenza, fingendosi il fratello. Recenti sono anche le accuse di implicazione in società di scambio monetario, negli ultimi anni del governo di Mahmoud Ahmadinejad. Fereydoun pare sia riuscito a far fruttare alle società moltissimo denaro in tempi brevissimi; questo accadeva nel periodo in cui le sanzioni, unitamente alle forti oscillazioni dei tassi di cambio, avevano indebolito la moneta iraniana e determinato pesanti danni all’economia.
Nell’inverno del 2014, 46 deputati iraniani hanno chiesto al presidente Rohani di presentare un esposto alla magistratura per “reati economici” nei confronti del fratello, in riferimento alla gestione illecita di flussi finanziari con le società di “exchange” da lui fondate, tra i cui soci figuravano diversi direttori di banche governative e dirigenti della finanza pubblica.
Lo scandalo degli stipendi stellari
Il 2016 è l’anno dello scandalo degli “stipendi stellari”. Il caso è scoppiato in seguito alla pubblicazione, da parte di media vicini all’opposizione, dei mega-salari percepiti dai dirigenti delle banche statali iraniane; stipendi che arrivavano a superare i 400mila euro al mese. Forse poca cosa rispetto alle retribuzioni dei manager occidentali, ma moltissimo se si fa riferimento ai parametri persiani.
Poco prima, il generale Jaafari, comandante in capo dei Pasdaran ed avversario politico di Rohani, aveva dichiarato, pur senza fare nomi, che alcuni politici di spicco erano coinvolti nel buco di 200 milioni di euro della banca Melli, altra banca governativa, altri soldi rubati al Paese.
In seguito alle rivelazioni di alcuni media locali, le indagini della magistratura hanno fatto luce su un giro di stipendi folli, benefits e prestiti a tasso zero che ha interessato i dirigenti di quattro tra le banche pubbliche iraniane. Gli amministratori delegati di Mellat, Saderat, Refah e Mehr, sono stati costretti alle dimissioni.
Fonti certe hanno rivelato che quasi tutti i top manager coinvolti nello scandalo fossero vecchi amici o colleghi di Fereydoun, e che questi avessero assunto i rispettivi incarichi sotto pressioni dello stesso Fereydoun nei confronti degli allora Ministri degli Affari Economici e delle Finanze.
La reazione dei conservatori
Dure le critiche dei conservatori che hanno accusato la magistratura di aver ritardato l’azione sul dossier relativo al fratello del Presidente Rohani, probabilmente per non intralciarne la vittoria del secondo mandato, nonostante le irregolarità di Fereydoun fossero sotto i riflettori già da tempo.
Un Paese in cui la crescita economica è ancora molto lenta e la sola disoccupazione giovanile è al 26 per cento, meriterebbe una classe dirigente meno corrotta, più attenta alle reali necessità della sua gente. L’Iran ed il popolo iraniano meritano un governo onesto, un governo che rispecchi in toto i valori lasciati in eredità dall’Ayatollah Khomeini e che sia, quindi, in linea con la storia e la cultura di questo Paese.
di M.I