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Iran: chiusura Stretto di Hormuz possibile risposta agli attacchi Usa-Israele

Iran – L’Asia occidentale, una regione in perenne bilico sull’orlo del conflitto, è entrata in una fase di alta tensione. L’asse Usa-Israele, con il suo incrollabile sostegno da parte degli alleati occidentali e orientali, sta alimentando le fiamme di questa escalation, spingendo la regione verso una guerra.

Gli Stati Uniti, nella loro incessante ricerca di un cambiamento di governo a Teheran, hanno implementato una serie di sanzioni paralizzanti e hanno condotto una campagna di isolamento diplomatico, mirando a paralizzare l’economia iraniana e costringerla alla sottomissione. Israele, nel frattempo, continua le sue aggressive politiche espansionistiche nella Palestina occupata, con la tacita approvazione e il sostegno incrollabile degli Stati Uniti e di altri Paesi.

La recente escalation delle tensioni ha preso una piega pericolosa. Gli Stati Uniti hanno schierato forze e sistemi militari significativi nella regione, impegnandosi in manovre militari provocatorie che sono viste come un palese tentativo di intimidire e fare pressione sull’Iran. Israele, incoraggiato dal sostegno degli Stati Uniti, ha intensificato i suoi attacchi agli interessi iraniani, prendendo di mira sia le strutture militari iraniane che le infrastrutture civili nella vicina Siria, oltre a intensificare la sua invasione del Libano e di Gaza. 

L’Iran, tuttavia, non è rimasto passivo di fronte a questa aggressione. Il Paese ha ripetutamente avvertito che non tollererà alcun attacco alla sua sovranità e risponderà con forza decisa. Le capacità militari dell’Iran, tra cui la sua avanzata tecnologia missilistica e le sue forze armate ben addestrate ed esperte, sono un deterrente per qualsiasi potenziale aggressione.

Sforzi diplomatici dell’Iran

Gli sforzi dell’Iran per impedire una guerra in piena regola nell’Asia occidentale sono stati finora principalmente diplomatici. Gli instancabili sforzi diplomatici di funzionari di alto rango all’interno del Ministero degli Affari Esteri iraniano, incluso lo stesso Ministro, sono visti come un tentativo finale di de-escalation delle tensioni attraverso la diplomazia prima di ricorrere a misure più militaristiche. Tuttavia, i limiti della diplomazia sembrano aver raggiunto la loro soglia, rendendo inevitabile un cambiamento di approccio.

In assenza di “un adulto nella stanza” dalla parte opposta del conflitto, l’Iran sta ora valutando altre opzioni sul tavolo, non tutte comportanti un’azione militare.

La situazione attuale ha spinto l’Iran a prendere in considerazione misure più drastiche. In mezzo a inquietanti resoconti sulla continua invasione israeliana/americana del Libano e di Gaza, KPLER, una società di dati e analisi specializzata in intelligence commerciale globale, in particolare nei mercati dell’energia e delle spedizioni, ha pubblicato un grafico che delinea i cambiamenti nelle esportazioni di petrolio dell’Iran dalle sue raffinerie del sud.

Secondo la fonte, l’Iran ha iniziato a esportare petrolio dai suoi impianti di “Jask”, situati sulle rive del Mar di Oman, al di fuori della regione del Golfo Persico, uno sviluppo che è passato in gran parte inosservato. Questa nuova strategia suggerisce che l’Iran si sta preparando per una potenziale chiusura dello Stretto di Hormuz, sottolineando strutture alternative per mantenere le sue esportazioni di petrolio in tale scenario.

Chiusura Stretto di Hormuz possibile risposta ad attacco israeliano

In altre parole, la chiusura dello Stretto di Hormuz, una via d’acqua cruciale per il trasporto globale di petrolio, sembra essere stata presentata come una possibile risposta a qualsiasi attacco israeliano sostenuto dagli Stati Uniti. Questo avvertimento non è una minaccia vuota, ma una risposta calcolata alle crescenti tensioni e un tentativo di scoraggiare ulteriori aggressioni.

Lo Stretto di Hormuz, uno stretto canale che collega il Golfo Persico all’Oceano Indiano, è un’arteria vitale per il commercio mondiale di petrolio. Quasi il 30% del petrolio mondiale (20 milioni di barili al giorno) passa attraverso questo punto di strozzatura strategico, rendendolo un punto critico di leva per qualsiasi Paese che lo controlli. L’Iran, con la sua posizione strategica che domina lo Stretto, detiene un potere considerevole su questa via d’acqua vitale.

La chiusura dello Stretto di Hormuz avrebbe conseguenze significative per l’economia globale. I prezzi del petrolio salirebbero alle stelle, portando a una recessione economica globale e a un’instabilità diffusa. La crisi energetica esacerberebbe ulteriormente le tensioni politiche e creerebbe un ambiente volatile per le relazioni internazionali.

Tuttavia, la decisione dell’Iran di contemplare un’azione così drastica non è radicata nel desiderio di interrompere il commercio globale. Invece, è una dichiarazione potente, un messaggio di sfida contro la pressione incessante e l’aggressione che deve affrontare. La chiusura dello Stretto sarebbe un modo per l’Iran di ritenere responsabili tutti coloro che sono complici delle atrocità israeliane in corso contro i civili palestinesi, libanesi, yemeniti e siriani, atrocità che sono rese possibili dal sostegno incrollabile degli Stati Uniti e di altri alleati.

Potenziali conseguenze

Le potenziali conseguenze di una mossa del genere sono di vasta portata. L’economia globale ne soffrirebbe, con i prezzi del petrolio in forte ascesa e le economie di tutto il mondo che risentirebbero degli effetti di un’interruzione delle forniture energetiche, uno scenario che ricorda la crisi energetica degli anni ’70. Il panorama geopolitico cambierebbe radicalmente, con relazioni internazionali tese e tensioni in ulteriore aumento.

Se l’Iran sceglierà di seguire questa drastica misura resta incerto. Tuttavia, il fatto stesso che venga considerata un’opzione praticabile la dice lunga sulla crisi in escalation e sulle misure devastanti che si stanno contemplando per affrontarla. La comunità internazionale deve agire ora per de-escalare la situazione e trovare una soluzione diplomatica prima che la regione precipiti in un conflitto totale.

Una soluzione diplomatica, tuttavia, sembra sempre più sfuggente. Gli Stati Uniti, spinti dalle proprie ambizioni geopolitiche e dalla loro incrollabile lealtà verso Israele, mostrano poca inclinazione a de-escalare la situazione. Invece, continuano a raddoppiare le loro politiche aggressive, aumentando ulteriormente le tensioni e spingendo la regione sempre più sull’orlo del baratro.

Lo Stretto di Hormuz, un tempo arteria vitale per il commercio globale, è diventato una polveriera, un simbolo delle crescenti tensioni e del pericoloso percorso che la regione sta percorrendo. Resta da vedere se la comunità internazionale sarà in grado di fare un passo indietro dal precipizio e trovare una soluzione pacifica prima che le fiamme della guerra travolgano l’Asia occidentale.

di Redazione

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