AmericaPrimo Piano

Il Genocidio spirituale del Grande Popolo Sioux

di Cristina Amoroso

Era stato lo stesso Obama, in visita lo scorso anno alla Riserva indiana dei Sioux, a parlare di “carte truccate” usate da Washington contro la Nazione indiana.

Il presidente, accompagnato dalla first lady Michelle, se ne era accorto incontrando privatamente – prima della coloratissima cerimonia pubblica, fatta di danze e costumi tradizionali – i giovani Sioux e le loro famiglie e toccando con mano le precarie condizioni di vita in cui vivono oggi gli indiani d’America, spesso sconfortanti, con alcol e droga che la fanno da padroni tra i ragazzi delle riserve.

Il presidente aveva già incontrato i capi tribù Sioux, quando aveva consegnato alla folla chiassosa di 1.800 persone le sue promesse come candidato alla presidenza nel 2008 per migliorare le relazioni tra il governo e le tribù indiane della nazione. “Non si può negare che, per alcuni americani, il ponte è stato accatastato contro di loro, a volte per generazioni, e questo è stato vero per molti nativi americani”, aveva dichiarato Obama, annunciando una serie di iniziative per ricostruire il ponte.

Sta di fatto che quel ponte tra il governo americano e le tribù indiane della nazione non è stato mai ricostruito in 500 anni.

Ora tra il popolo dei Sioux il suicidio arriva a grandi ondate tra i giovani nella Riserva di Pine Ridge in Nord Dakota, dove nei primi tre mesi del 2015 almeno 11 adolescenti, di età compresa tra i 12 e i 17 anni, si sono suicidati, una vera e propria “epidemia”, come la definisce la Fondazione Mitakupi formata nel 2011 per affrontare il suicidio degli adolescenti, con lo scopo “di creare progetti per i giovani della riserva e per sostenere i programmi esistenti che diano loro lo stesso supporto e le stesse opportunità che tutti gli altri bambini in America hanno. Il primo luogo la speranza.

“Immaginate di crescere senza speranze, senza sogni, senza possibilità di successo. Immaginate il vostro funerale come l’apice della vita”, afferma un portavoce della fondazione, “La Pine Ridge si trova nella contea più povera degli Stati Uniti. Con il tasso di disoccupazione alle stelle, verso l’85%, si tratta di un Paese del Terzo Mondo in casa nostra. I bambini là fuori vivono in condizioni disperatamente povere e oppressive, oltre un centinaio di miglia di distanza dalla città più vicina”.

Della riserva indiana di Pine Ridge si è occupato uno scrittore e produttore, Jason Coppola, il quale ammette che presso il popolo Oglala Lakota di Pine Ridge molte sono le questioni difficili. Storie  di alcol e droga, di povertà e depressione. Ma per alcuni, questi sono solo parte di un quadro molto più ampio.

Si tratta di “Genocidio spirituale, trauma intergenerazionale”.

Secondo Ruth Hopkins, un giudice capo tribale, si tratta di vero genocidio. “Penso al suicidio nelle comunità native come ad un’estensione del genocidio che si è verificato contro i popoli indigeni a partire dal 1492. E penso che ci siano prove per dimostrare che è ancora in atto”.

Secondo la Dr. Maria Yellow Horse Braveheart, PhD, si tratta di un “trauma storico”, che fa capire il perché la vita per molti nativi americani non rispetta il “sogno americano”. Trauma storico, come  ferimento emotivo e psicologico che incide sulla durata della vita e attraverso le generazioni, scaturito da un enorme trauma che i nativi americani hanno sopportato per 500 anni, un genocidio fisico, emotivo, sociale e spirituale dovuto alla politica colonialista europea ed americana”.

I cicli di abusi continuano: riserve remote, prima i genitori portati via nei collegi, poi i figli, la disgregazione della famiglia, abusi di alcol e droga, violenze sessuali: un vero trauma intergenerazionale.

I nativi americani sono stati costretti nelle riserve e nei collegi cristiani, non era solo il loro rapporto con la terra che è stato reciso. Agli spiriti della caccia hanno sostituito lo spirito del cibo in scatola. “La nostra spiritualità non è una religione in cui si dice un Padre nostro la mattina e un’Ave Maria la sera”, ha detto un volontario del Progetto Prevenzione Suicidi, “La nostra spiritualità è un modo di vivere. Le chiese sono venute e hanno insegnato la Bibbia, che non era lo stesso della nostra spiritualità. Ci hanno insegnato che i nostri bambini sono nati con il peccato. Questo non è giusto. I nostri figli sono esseri sacri”.

Questo tentativo di cambiare il loro modo di vita e renderli dipendenti, sia fisicamente che spiritualmente, è ancora molto presente oggi e si riflette nelle lotte combattute dai loro giovani.

“Un sacco di giovani stanno tornando ai modi tradizionali della capanna sudatoria, ma ancora non possono tornare ai modi tradizionali, a causa di molte interferenze, come la tecnologia. Tutti vogliono avere un iPhone, tutti vogliono avere un iPad, tutti vogliono essere collegati al mondo esterno, cosa che non è sempre bene, ecco perché stiamo perdendo i nostri bambini”, ha riferito un volontario della fondazione.

“Perché devo essere un prodotto da trauma storico?” ha detto un adolescente perspicace di 17 anni, “Questo è quanto è successo ai miei bisnonni. Perché io? Perché devo vivere così?” Ha chiesto. “Sto cercando di andare avanti, ma io continuo a sentir parlare di ciò che è stato fatto alla mia gente e che ci porta a questo stato di vita in cui mi trovo. Perché?”.

Quanti giovani appartenenti ad altri popoli si pongono e si porranno in futuro la stessa domanda del piccolo Sioux, perché la loro gente subisce o ha subito un “genocidio fisico, emotivo, sociale e spirituale” e un “trauma storico intergenerazionale” per le generazioni future siano esse armene, palestinesi, africane o irachene.

Tags
Mostra altro

Articoli correlati

Back to top button
Close
Close

IlFaroSulMondo.it usa i cookies, anche di terze parti. Ti invitiamo a dare il consenso così da proseguire al meglio con una navigazione ottimizzata. maggiori informazioni

Le attuali impostazioni permettono l'utilizzo dei cookies al fine di fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Se continui ad utilizzare questo sito web senza cambiare le tue impostazioni dei cookies o cliccando "OK, accetto" nel banner in basso ne acconsenterai l'utilizzo.

Chiudi