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Un nuovo vento soffia sulla politica nucleare iraniana

di Cristina Amoroso

Nel corso di una visita ufficiale ad Ashgabat nel Turkmenistan il presidente del  Majlis iraniano, Ali Larijani, ha incontrato Kairat Mami, presidente del Senato del Kazakistan, nella giornata di venerdì 6 settembre.

L’incontro non poteva non toccare anche la questione iraniana del nucleare, visto che il Kazakistan a febbraio e ad aprile ha ospitato ad Almaty due round di colloqui tra l’Iran e il gruppo delle Potenze 5 + 1,  vale a dire i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania.

Kairat Mami ha tenuto a precisare che il Kazakistan ha sempre sostenuto l’uso pacifico dell’energia nucleare non solo da parte dell’Iran, ma da parte di tutti i paesi auspicando che la controversia occidentale sul programma nucleare di Teheran possa essere risolta durante il mandato della nuova amministrazione iraniana di Rohani.

L’iraniano Ali Larijani, da parte sua, alla luce delle crescenti relazioni tra Teheran e Astana, ha invitato entrambe le parti a rafforzare ulteriormente i legami reciproci, ringraziando il paese  kazako: “Gli occidentali sono prevenute nei confronti della questione nucleare iraniana, e apprezziamo la posizione amichevole del Kazakistan in questo senso”, ha dichiarato. “Sulla questione nucleare, – ha aggiunto Larijani – abbiamo nuove proposte e le porteremo avanti per perseguire ottimi risultati”.

Gli Unite Uniti, Israele e alcuni dei loro alleati falsamente sostengono che l’Iran stia perseguendo obiettivi non civili nel suo programma di energia nucleare, accusa che Teheran respinge con forza, affermando che come  impegnato firmatario del programma di non proliferazione e  membro dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha il diritto di utilizzare la tecnologia nucleare per scopi pacifici.

Il prossimo round di colloqui sul nucleare, fissato per venerdì 27 settembre a Vienna con le potenze del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna + Germania), è decisivo. Non solo per il tempismo con cui sono stati organizzati – attacco alla Siria in vista – ma anche per il cambio di guardia a Teheran. È stato proprio il presidente Rohani – più moderato rispetto al suo predecessore Ahmadinejad – ad aprire, durante la sua prima conferenza stampa dopo l’elezione dello scorso giugno, ai negoziati diretti con gli Stati Uniti, purché venissero tutelati “gli interessi nazionali” e “venisse messo da parte il linguaggio delle pressioni e delle minacce”.

Ma non è solo l’apertura iraniana a sorprendere. Rohani ha infatti incaricato il Ministero degli Esteri, diretto da Mohammad Javad Zarif, di condurre i colloqui con le potenze del 5+1. Una novità, dato che a partire dal 2003 fino a oggi i negoziati sono stati portati avanti dal segretario del Consiglio Supremo della Sicurezza Nazionale (CNNS): prima Rohani stesso, poi Ali Larjani e infine Said Jalili. Senza successo. Il CNNS, infatti, è diretto rappresentante della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Con questa mossa sembra che Rohani abbia voluto addossare al governo, e non alla guida suprema, la responsabilità dell’intero dossier nucleare.

Nel frattempo, mentre  le agenzie di stampa comunicano che il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato alcune restrizioni economiche imposte dal Consiglio Ue all’Iran nel tentativo d’impedire la proliferazione del suo controverso programma nucleare, rimaniamo in attesa del 9 settembre, data decisiva per l’andamento dei colloqui sul nucleare: con la votazione in seno al Congresso sull’intervento in Siria, un sì del Congresso potrebbe mandare a rotoli l’intero round di colloqui?

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