Intervista esclusiva a Hossein Dehghan
Teheran – Nel corso dell’ultima nostra visita in Iran, nell’ambito di incontri con organizzazioni sociali e politiche, abbiamo avuto il piacere di effettuare un’intervista esclusiva con il generale Hossein Dehghan, ex ministro della Difesa iraniano e consigliere della guida suprema dell’Iran, Āyatollāh Seyyed Alī Ḥoseynī Khāmeneī. Inoltre, il generale Dehghan è tra i papabili candidati alle prossime elezioni presidenziali del 21 giugno 2021.
1) I bombardamenti aerei di Israele sulla Siria come possono essere interpretati?
In primo luogo è necessario comprendere che i fatti nella nostra regione non sono monodimensionali. Ogni fatto ha degli aspetti politici, geografici, geopolitici, geostrategici ed alla fine ha anche un’implicazione connessa con la stabilizzazione delle forze nella regione.
In questo tipo di analisi, Israele è un argomento particolare. Bisogna ricordare che la sicurezza di Israele nella regione, negli ultimi anni, ha subito un visibile deterioramento dopo le guerre contro la Resistenza libanese e palestinese. Dopo queste sconfitte, Israele doveva ricostruire in qualche modo la propria reputazione militare e questo è uno dei motivi dei bombardamenti contro la Siria negli ultimi anni. Bisogna anche spiegare che obbiettivo dichiarato di Israele è evitare che la Resistenza possa stabilirsi sulle sue frontiere, in modo che le zone occupate da Israele come le alture del Golan siriano o le fattorie di Shebaa in Libano, non possano essere liberate. Israele cerca di tenere lontana la Resistenza da queste zone affidandosi soprattutto alla propria aviazione.
Anche prima del 1982, Israele faceva rompere perennemente il muro del suono sui cieli della Siria e del Libano ai suoi caccia per ostentare la propria superiorità militare. In questi mesi la scusa per i bombardamenti in Siria è la presenza militare iraniana.
2) Qual è l’obbiettivo dell’attività della Turchia in Siria? Ankara vuole neutralizzare i curdi o conquistare suolo siriano?
La Turchia e il signor Erdogan, hanno un ruolo particolare in questo puzzle e Ankara sta approfittando della situazione per regolare vecchi conti in sospeso con Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele. I conti riguardano la questione dell’Eufrate e Abdullah Ocalan. La Turchia ha sempre nutrito mire espansionistiche nei confronti della Siria e per questa ragione per oltre sei anni ha dato sostegno all’Isis. Ankara però ha dovuto prendere atto del fatto che il “neo-ottomanesimo” non era attuabile attraverso l’Isis e per tale ragione ha cambiato strategia.
In quest’ambito bisogna dire che la Russia, nel processo di Astana, ha attirato la collaborazione della Turchia, proprio perché la Turchia sostiene coloro che si oppongono al governo siriano, terroristi e non. Nello scacchiere siriano, la Turchia gioca per soddisfare i propri interessi nazionali e raggiungere le proprie ambizioni storiche.
3) Secondo lei l’Asse della Resistenza è davvero riuscito a sbilanciare a proprio favore gli equilibri della regione?
Nella corrente della Resistenza, la volontà popolare, l’elemento del territorio e della geografia si palesano al massimo. La gente ha capito che l’Asse della Resistenza ha a cuore la loro incolumità e che vuole la pace, e l’espulsione dei terroristi e dei soldati stranieri.
I popoli mediorientali hanno compreso che i terroristi dell’Isis sono stati riuniti in Siria da 80 nazioni e dai quattro angoli della terra e vedono che l’Occidente ha una politica ambigua nei confronti di questi terroristi. In questa situazione, è matematico che le popolazioni della regione preferiscano l’Asse della Resistenza.
4) Nel caso di un conflitto armato tra Israele e l’Asse della Resistenza, come si comporterà la Russia?
Non credo che tra noi e Israele ci sarà uno scontro armato nell’immediato futuro, anche perchè alcuni sviluppi degli ultimi tempi ci fanno pensare che Israele tema seriamente l’Asse della Resistenza. Potrebbero esserci delle azioni limitate, anche perchè i soldati dell’esercito israeliano non hanno la motivazione di un tempo e le dichiarazioni di Netanyahu all’ultima conferenza della Sicurezza di Monaco lasciano trasparire questa verità.
Con le sole armi non si può vincere una guerra, ci vogliono anche il sacrificio e la volontà dei soldati. Nel caso dell’inizio di una guerra, secondo me l’esito è più che chiaro e a favore della Resistenza, proprio per questo credo che gli Stati Uniti non permetteranno mai a Israele una guerra in queste condizioni.
5) Donald Trump ha dichiarato di aver certificato per l’ultima volta il rispetto dell’accordo nucleare da parte dell’Iran. Trump vuole un accordo anche sul programma missilistico di Teheran e l’influenza iraniana nella regione. Cosa accadrà a maggio?
Non credo che Trump sia l’unico e nemmeno il più potente personaggio che deve decidere per gli Stati Uniti. Non credo che Trump uscirà dall’accordo nucleare, ma credo che stia cercando di impaurire l’Iran con un bluff. Lui vuole che in una situazione di perenne instabilità, l’Iran non possa usufruire dei meritati benefici dell’accordo sul nucleare, e il programma missilistico e il ruolo iraniano nella regione, sono solo le scuse per condurre tale politica.
Il punto è che l’approccio di Donald Trump non è condiviso dagli altri attori e a conferma di ciò possiamo citare l’esempio della dichiarazione di Gerusalemme come presunta capitale di Israele; sono stati realmente pochi coloro che hanno seguito l’inquilino della Casa Bianca. In più, Donald Trump è al corrente del rischio di auto-isolarsi, anche perché dopo la sua fuoriuscita dall’accordo, l’Iran potrebbe scegliere di rimanere in esso.
L’influenza dell’Iran in Medioriente è una questione naturale, semplicemente perché l’Iran si trova in Medioriente, ma la questione insolita e indesiderata è invece l’ingerenza occidentale nella regione, che tra l’altro è anche la radice delle svariate crisi in Yemen, Bahrain, Iraq e così via.
Oggi, in Medioriente, è la gente che combatte ed è stufa di questa ingerenza. L’Iran ha sempre seguito la politica della difesa dei diritti dei deboli ma ciò non significa che Teheran s’intrometta negli affari interni delle altre nazioni. In ogni nazione in cui l’Iran è presente fisicamente, ciò è avvenuto per richiesta del governo del medesimo Paese.
6) Come giudica il ruolo dell’Europa nelle crisi del Medioriente? Come dichiarano questi Paesi, il loro ruolo ha contribuito alla pace ed alla stabilità della regione?
Una vecchia fiaba persiana racconta che una volta un uomo dal volto molto brutto aveva preso in braccio un bambino che piangeva e la gente gli disse che il pianto del bambino era dovuto al suo brutto volto e che il bambino avrebbe smesso se lui lo avesse lasciato. Lo stesso vale per la presenza dell’Europa nella nostra regione. In realtà il problema è che l’Europa s’intromette in affari che non le riguardano e impedisce che si stabilisca la pace e la stabilità.
Il defunto Imam Khomeini diceva: “Noi ci impegneremo fino all’ultimo, fino a buttare fuori l’America dal nostro Paese”. Lui diceva così perchè il motivo di ogni disgrazia nel nostro Paese, era proprio l’ingerenza statunitense. L’Europa, in apparenza, non vuole essere seguace degli Stati Uniti ma in genere la presenza stessa dell’Europa è motivo di instabilità. Credo comunque che gli europei abbiano capito bene che con la Repubblica Islamica dell’Iran non si può scherzare.
7) La vostra intervista verrà letta dagli italiani. C’è un messaggio che volete rivolgere all’Italia?
L’Italia è una nazione ricca sotto il profilo della civiltà e della cultura. Forse qualcuno potrebbe dire che questo Paese ha avuto un periodo buio negli anni del Fascismo, ma credo che dopo di esso l’Italia abbia messo in mostra un impegno lodevole per ricostruire il proprio Paese e affermarsi come una nazione di altissimo livello in Europa e nel mondo. L’Italia collabora con l’Iran in diversi settori come l’acciaio, il petrolio, il gas, l’avionica, l’elettronica e in altri settori. In generale credo che l’Italia possa svolgere un ruolo più forte in Europa e nel mondo; l’Italia ha la capacità di essere un leader e svolgere una funzione di sostegno alla pace e di opposizione alla guerra.
di Yahya Sorbello