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Intervista ad Al Fatah: “Una bugia ripetuta 40 volte diventa la verità”

Abbiamo incontrato Yousef Salman, rappresentante di al Fatah in Italia che ci ha spiegato meglio il suo movimento e ci ha aiutato a capire la questione palestinese.

Che cos’è al Fatah Italia?

Al Fatah Italia è la sezione italiana del movimento di liberazione nazionale palestinese fondato dal presidente Arafat e guidata ora da Abu Mazen, nato ufficialmente e politicamente nel 1957 e praticamente nel ’65.

Da due anni il I gennaio organizziamo una manifestazione, fino ad ora l’abbiamo sempre fatta al Senato, per festeggiare la nascita di al Fatah, poiché coincide con il capodanno di solito verso la metà di gennaio organizziamo il ritorno alla “vita normale”. Noi siamo un movimento politico aperto a tutti i palestinesi che credono nella  della Palestina libera dal sionismo. Noi, ci tengo molto a sottolinearlo, proprio per questo diciamo che al Fatah è il movimento del popolo palestinese; il palestinese per sua natura fa parte di al Fatah perché fin dalla sua nascita ha basato il suo pensiero sulla Palestina di ieri, di oggi e di domani, la Palestina democratica, la Palestina laica, la Palestina di tutti perché la Palestina è la terra della pace dove sono nate le tre grandi religioni monoteiste; di conseguenza la Palestina deve essere di tutti: credenti e non. Per questo motivo, come anche il Vaticano, non possiamo riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele. Secondo le risoluzioni dell’Onu 181 ed il Piano di spartizione della Palestina del novembre 1947 si fa riferimento alla nascita dello Stato israeliano sul 56% del territorio della Palestina storica, con uno Stato palestinese sul 43% mentre sul restante 1% si fa riferimento a Gerusalemme come “città aperta” a tutti. Questa è la posizione della comunità internazionale, del Vaticano. Al Fatah è nata nel 1957 per portare avanti questo progetto per realizzare uno stato democratico e laico che deve essere aperto a tutti i suoi cittadini: ebrei, cristiani e musulmani.

Oggi come oggi noi abbiamo due diversi progetti su cui si lavora nell’area mediorientale: quello che noi abbiano sempre rappresentato come al Fatah, come Olp, come Anp ovvero lo Stato democratico, laico di tutti e quello invece di uno Stato religioso, confessionale: Israele lo Stato ebraico, Hamas lo Stato islamico.

Lo scontro tra noi e Hamas non è casuale, è uno scontro profondo, sulla Palestina futura.

Noi vogliamo vivere in pace con gli ebrei. Quando erano perseguitati in Europa nel mondo arabo non lo erano. Ci sono degli israeliani che riconosco i nostri diritti e vogliono vivere con noi. I nostri problemi sono con il sionismo che nel 1975 è stato condannato dall’Onu in quanto ideologia razzista. Loro sono i signori e noi gli schiavi, perché lo dobbiamo accettare?

Purtroppo quelli che ci vogliono trattare come schiavi sono quelli, di destra e sinistra, che hanno governato Israele dalla sua nascita.

Quali progetti porta avanti?

Israele è nato e continua a vivere sulla base di un motto che dice: “una bugia ripetuta 40 volte diventa la verità”. Israele a livello mediatico riesce a compiere un vero e proprio lavaggio del cervello. Loro vantano i loro diritti sulla Palestina su basi bibliche e storiche per me fasulle. Hanno raccontato che la Palestina era una terra senza popolo. Hanno raccontato che sono stati lì 3000 o 5000 anni fa ma questo fatto non è mai stato dimostrato. Possibile che noi nel 2013 dobbiamo pensare al mondo di 5000 anni fa? Se davvero sono stati lì così tanti anni questa regola allora deve valere per tutti. Gli arabi possono rivendicare i loro diritti sulla Sicilia che hanno colonizzato, o anche l’Impero romano che 2000 anni fa era in Palestina.

Loro sono riusciti a raccontare falsità e vengono creduti.

Rivendicano la proprietà di Abramo e di Mosè che sono loro profeti. Ma dov’è nato Abramo? Non è nato in Palestina, è nato in Iraq successivamente si è spostato in Palestina. Lo stesso Mosè che è nato in Egitto.

Non si capisce quindi questo diritto storico e biblico da dove provenga.

Come ho detto prima la bugia raccontata 40 volte alla fine diventa la verità. Siamo arrivati al punto che se alle persone comuni, in qualsiasi angolo del mondo si chiedo chi sono i palestinesi ci si sente rispondere i terroristi. Nessuno dice che i palestinesi vivono sotto occupazione da più di 65 anni, e noi viviamo una situazione repressiva infernale. Sembra che siamo noi quelli che aggrediscono e loro quelli che si difendono, ma sono loro gli occupanti.

Questi sono gli effetti della gigantesca macchina propagandistica che hanno in mano.

Nessuno osa criticare la politica dei governanti israeliani perché appena qualcuno lo fa viene subito etichettato come antisemita e di conseguenza, giustamente, nessuno osa fare la minima critica.

Noi sopportiamo questo macigno di falsità da soli.

Al Fatah Italia serve per avere contati e dare informazioni, per sensibilizzare l’opinione pubblica per dire la verità su questo conflitto mediorientale: è la Palestina che è occupata. Quando dicono due popoli due Stati sembra che lo Stato israeliano non sia riconosciuto. Noi siamo pronti a riconoscere Israele, qual è il problema? Non è uno Stato in più ma è quello di uno Stato in meno: la Palestina.
La Palestina ed il popolo palestinese non esistono, è questo il problema del medio oriente; se però si parla con le persone sembra che a non esistere siano Israele e gli israeliani.

Per questo nessuno osa criticare Israele, è un vero e proprio ricatto. A Gaza negli ultimi giorni sono morti più di 1500 palestinesi, ma nessuno ha aperto bocca. Tutto il mondo è lì fermo a guardare, la comunità internazionale pratica la politica delle tre scimmie, per questo gli israeliani possono fare tutto ciò che vogliono. Sono al di sopra di tute le leggi e tutte le regole.

Noi siamo la parte danneggiata, quella che subisce questa politica imperialista, capitalista e repressiva. Non abbiamo alcune diritto né in Palestina né fuori della Palestina. Siamo 11 milioni e più della metà vive nei campi profughi.

Negli ultimi 65 il mondo ha riconosciuto i diritti di tutti ma non riesce o non vuole riconoscere i nostri non riesce a dare un minimo di dignità al popolo palestinese, nonostante le tante risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale non è possibile.

Quali sono i vostri rapporti con le istituzioni italiane?

Noi abbiamo degli ottimi rapporti ma non basta avere ragione perché la tua causa possa vincere, viviamo in un mondo strano in tempi tra i più bui della storia umana. Ci sono molte cose che non vanno secondo la logica, per questo noi stiamo attraversando una crisi umana perché non c’è logica in ciò che sta accadendo e quando non c’è logica succede di tutto. La maggioranza degli italiani, delle forze politiche, dei sindacati e della chiesa italiana appoggia la causa palestinese. Io però rimpiango i giorni di Andreotti e Berlinguer, gli anni ’70 ’80. Noi ci ricordiamo della famosa dichiarazione di Venezia del 1980 con cui la comunità europea ha riconosciuto il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, negli ultimi tempi però l’approccio è cambiato. Qualche anno fa in Italia era molto più facile parlare di Palestina e palestinesi, oggi siamo spariti dai media. Si parla di Palestina solo tramite gli israeliani.

Al Fatah ed Hamas sono le due più importanti realtà palestinesi, quali sono le differenze tra loro e su quali basi potrebbe iniziare una proficua collaborazione?

Noi a livello politico e strategico non abbiamo nulla in comune con Hamas, questo però è un grande partito che fa parte della società palestinese e ne rappresenta una grande fetta. Spesso faccio un paragone molto azzardato dicendo che voi avete avuto un partito che si chiamava Democrazia cristiana, da noi Hamas è il partito religioso. Noi abbiamo due progetti diversi ma siamo sullo stesso piano per quanto riguarda l’occupazione israeliana e la terra palestinese. Lottiamo per liberare la Palestina dall’occupazione sionista ma i nostri progetti per il futuro sono molto diversi, noi vogliamo uno stato libero, laico, democratico di tutti, a prescindere dalla religione, dal colore, dal pensiero. Loro invece vogliono uno stato religioso, islamico, ma non c’è logica. Se io ho lottato una vita contro uno stato confessionale perché poi dovrei crearne un altro? Per questo noi diciamo che la Palestina deve essere aperta, di tutti.

Loro inoltre sono alleati con il movimento dei Fratelli musulmani, per questo oggi in Palestina c’è una crisi politica con Hamas che domina forte del sostegno dei Fratelli musulmani che dominano quasi tutto il mondo arabo con l’appoggio dell’Arabia saudita, dei paesi del Golfo, dell’Iran. Di conseguenza non sono disponibili a venirci incontro per trovare un minimo di unità palestinese. Abu Mazen ha fatto di tutto per siglare un accordo con loro ma loro hanno sempre rifiutato utilizzando vari pretesti, perché ciò avrebbe comportato giungere ad un governo di unità nazionale  e indire nel giro di due o sei mesi nuove elezioni che però avrebbero sancito la sconfitta di Hamas che continua a perdere voti. Loro non vogliono le elezioni perché sanno di perdere. Anche se la cosa più logica sarebbe ridare la parola al popolo ma loro non vogliono. Ormai sono sulla poltrona e non intendono lasciarla.

Israele stessa ha contribuito all’affermazione di Hamas. La politica di Abu Mazen aveva messo Israele all’angolo, noi siamo per una lotta popolare pacifica, a differenza di Hamas, non vogliamo una terza intifada questa volta militarista.

Ad Israele fanno comodo le minacce di Hamas, nello scontro militare Israele è dominante, vincente e può recitare la parte della vittima.

Israele più di una volta ha detto ad Abu Mazen “ricordati il destino di Arafat”, lo stanno minacciando fisicamente, Hamas, secondo me, è una volontà israeliana. No di al Fatah combattiamo con loro da anni, li conosciamo bene e per questo osteggiano la nostra linea politica, vogliono lo scontro fisico, militare dove sono dominanti, invece noi vogliamo evitare ciò, siamo favorevoli al ragazzo con il sasso contro il carro armato: è questa la realtà non il razzo di Hamas contro il missile israeliano lanciato dagli F16 americani.

Noi siamo profondamente diversi da Hamas, noi vogliamo una società aperta a tutti, laica e democratica. Le donne in Palestina non hanno mai indossato il chador, solo con Hamas si sono viste scene simili. Quando ha dominato Hamas per volontà di Israele, degli Usa e di questo occidente.

Qual è oggi la condizione dei palestinesi in patria e perché è così difficile il dialogo con le autorità israeliane?

Quando mi chiedono la condizione dei palestinesi e la soluzione a questa vicenda io rispondo che secondo me ci sono tre diverse strade: la prima è quella di uno Stato democratico, laico e aperto a tutti come ripetuto anche da Arafat e che da sempre è l’obiettivo per cui si batte al Fatah; la seconda quella di applicare finalmente la risoluzione Onu del 1948 ed il piano di spartizione che prevede la creazione di due Stati più Gerusalemme come città aperta perché io non potrò mai accettare che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico, non lo accetta il Papa come posso farlo io? Arafat ha pagato con la vita questa posizione. A Camp David Clinton chiese ad Arafat di rinunciare  a Gerusalemme ma lui si rifiutò, e qualcuno gli ricordò che nessuno aveva mai osato dire no al presidente degli Usa; la terza è quella di dare seguito agli accordi di Oslo con la nascita di uno Stato palestinese sul 22% del territorio iniziale ovvero la Cisgiordania, la parte araba di Gerusalemme e Gaza, noi abbiamo accettato pur di trovare una soluzione.

Quando però Abu Mazen si è presentato all’Onu due anni fa Obama, che al Cairo aveva rilanciato l’esistenza di due Stati per due popoli, si è rimangiato le sue parole e tutti hanno votato contro. In occidente sulla questione c’è molta falsità, molta ipocrisia.

Quando l’Unesco ha riconosciuto la Palestina gli Usa gli hanno tolto i finanziamenti.

Noi accettiamo la formula due Stati due popoli, il problema però consiste nel fatto che Israele non vuole. Golda Meir nel 1969 disse “quale Palestina? I palestinesi non sono mai esistiti!”. A me un israeliano non darà mai del palestinese, mi darà sempre dell’arabo, se mi desse del palestinese implicitamente ammetterebbe l’esistenza della Palestina. Dandomi dell’arabo mi dice anche che questa non è la mia patria, la mia casa è in Arabia o in un altro posto ma non qui.

La Cisgiordania che doveva fare parte del 22% stabilito a Oslo ormai è stata ridotta al 4% perché hanno costruito un muro che ne ha occupato quasi la metà ed ora con le colonie fanno il resto. Abu Mazen ha bloccato le trattative perché vuole che prima Israele fermi la colonizzazione. L’opzione due Stati due popoli non è più praticabile perché non c’è più il territorio per il secondo Stato.

Gli israeliani non vogliono nessuna soluzione ma il mondo non vuole capirlo.

Noi abbiamo 5000 prigionieri nelle carceri israeliani, se qualcuno dopo mesi di sciopero della fame viene rilasciato non è libero di andare dove vuole, decidono loro dove si deve recare.
Io sono due anni che vorrei tornare a casa mia ma mi è impedito, i palestinesi non possono andare avanti così.

Lo scorso 29 novembre, tra mille polemiche, l’Onu ha dato alla Palestina lo status di Stato osservatore. Cosa significa questo a livello istituzionale e di relazioni internazionali e come le autorità palestinesi hanno accolto questa decisione?

Quelli che hanno votato a favore sono stati 133, quelli che hanno votato contro sono stati solamente 8, Israele, Stati uniti, Canada e cinque piccole isole che nemmeno si trovano sulla carta geografica. Il mondo vuole risolvere la questione palestinese solo Israele e gli Usa non vogliono, ma questo mondo è dominato dall’unica grande potenza, perché tutto il mondo riconosce l’esistenza di questo problema ma non trova una soluzione visto che si va avanti così da 65 anni? Manca la volontà politica presso coloro che comandano ovvero negli Usa. Per me Israele è semplicemente un progetto capitalista, imperialista, colonialista; prima della II Guerra mondiale lo era di quello inglese dopo il ’45 di quello americano.

Tanti dicono che lo Stato d’Israele sia stata una conseguenza delle sofferenze del popolo ebraico, dell’olocausto e della Shoa ma non è vero; è nato prima di tutto ciò, il 2 novembre 1917 attraverso la dichiarazione di lord Balfour, ministro degli Esteri inglese che dice che il governo di sua maestà dovrà compiere tutti gli sforzi per la creazione di un focolare ebraico in Palestina, sono gli inglesi che hanno scelto la Palestina come patria per gli ebrei dicendo che volevano aiutarli ma non è stato per questo. Hanno regalato la Palestina, che non gli apparteneva, ad un popolo cui non apparteneva, come ho già detto gli ebrei sono venuti in Palestina dove c’erano i cananei ed i filistei, gli ebrei sono venuti dopo. Lo hanno fatto perché erano stati scoperti i pozzi di petrolio ed avevano aperto il canale di Suez, abbattendo i tempi di percorrenza delle navi che non dovevano più passare per il Capo di Buona speranza e a quel punto all’impero coloniale inglese serviva un cane di guardia in quella zona strategica, Israele è un progetto dell’impero e la questione si risolverà quando finirà il petrolio e all’impero non servirà più un avamposto in quella regione.

Tutti gli anni gli Usa danno ad Israele 4 miliardi a fondo perduto, tutte le armi più moderne e sofisticate vengono prima testate dagli israeliani quindi utilizzati dagli Usa e dalla Nato.

Quando all’Onu qualcuno prova ad attaccare Israele subito gli Usa pongono il veto, perché non lo fanno anche per gli altri paesi?

Qualche anno fa in Sudafrica a Durban ci fu una conferenza contro il razzismo, ad un certo punto stava per essere approvata una risoluzione di condanna contro la politica razzista ebraica nei confronti dei palestinesi, gli Usa sono stati i primi a minacciare l’abbandono, prima anche Israele, per questo io dico che è un progetto, io pago per guadagnare 10.

In medio oriente da sempre spirano venti di guerra. Oggi si parla della Siria e l’Iran è costantemente sotto attacco mediatico mentre Iraq e Afghanistan pur pacificati dall’occidente, quanto meno a parole, continuano ad essere delle polveriere. Quanto questa instabilità influisce nel percorso di pace in Palestina?

Molto, anche se secondo me l’Iran merita un discorso a parte. Sono molti anni che Usa e Israele minacciano di bombare l’Iran ma io credo che non lo faranno mai. Gli Usa in medio oriente hanno tre pedine: Turchia, Israele e Iran. Nonostante le parole non bombarderanno mai l’Iran.
Tralasciando per un attimo la questione iraniana due sono i progetti cardine nella regione, lo stato laico che noi rappresentiamo e vogliamo posizione su cui si sono posti poi altri stati o regimi come l’Iraq, sulla carta socialista e progressista come la Siria, regimi ma laici.

Israele è invece il perno del progetto dello stato religioso e confessionale: lo stato ebraico, non a caso chiedono a Abu Mazen di riconoscere Israele come Stato ebraico una cosa che noi non riconosceremo mai.

Prima nella regione era in atto un conflitto politico e religioso, oggi, dopo la Primavera araba, è rimasta solamente la connotazione confessionale nello scontro. Gli Usa stanno consegnando il mondo arabo ai Fratelli musulmani, così in futuro lo scontro sarà tra un grande stato sunnita ed uno sciita, l’Iran.

L’Iraq era un paese, socialista, progressista, laico; con la scusa di al Qaida e delle armi di distruzione di massa è stato devastato, ora però chi comanda in Iraq? Il paese è stato consegnato nella mani dell’Iran, perché gli Usa hanno distrutto il paese per darlo ad un nemico?

Con l’inganno del cambiamento, della rivoluzione sono stati buttati giù tutti i governi laici per portare al potere i Fratelli musulmani, con Hamas che è la fazione palestinese dei Fratelli musulmani. Tutti questi governi sono d’accordo con Israele, con gli Usa.

Ora il nostro problema è questa alleanza per colpire il nostro progetto di uno Stato laico e democratico.

Il primo passo in questa direzione è stato togliere l’Egitto dal campo anti israeliano con gli accordi del 1978, subito dopo quelli che potevano dare fastidio o minacciare Israele erano l’Iraq e la Siria che sono stati distrutti completamente. Per questo ora Israele non solo è lo Stato più potente della Regione ma anche tra i più forti a livello mondiale.

Mi fanno ridere quando parlano dei ragazzi palestinesi che vanno a minacciare Israele; quando ancora c’erano i forti eserciti arabi quello israeliano era il quarto a livello mondiale ed era più forte di tutti quello arabi messi insieme; ora vengono prima di quello cinese. Come fanno i palestinesi a minacciare Israele. Sono il perno della politica imperialista americana nella zona, ci sono poi Turchia e Iran, ma prima viene Israele.

Io non sono d’accordo con chi dice che la lobby ebraica comanda a Washington, è il contrario. E’ l’impero che utilizza gli ebrei come canne da macello per i loro cannoni. Gli ebrei sono sempre stati commercianti ma stolti. Io chiedo agli ebrei quanto vi danno gli Usa per reprimere i palestinese e vivere in queste condizioni? Quattro o cinque miliardi? Ma vi rendete conto di quanto potreste guadagnare con la pace, utilizzando la zona come meta turistica, come polo di attrazione per l’arte araba. Con la pace vincono anche loro.

Sono 65 anni che ci ammazziamo tra noi mentre il mondo guarda, mi viene in mente una metafora, quella dei due asini legati al collo da una corda, ognuno rivolto da una parte che cerca di arrivare al ciuffo d’erba davanti a sé, invece di mangiare insieme tirano la corda e si fanno del male, ecco noi palestinesi ed ebrei siamo come quegli asini. Dobbiamo iniziare a collaborare ma non lo facciamo non perché siamo stupidi ma perché qualcuno, gli Usa non vuole.

di Fabrizio Di Ernesto

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