Iniziata la parabola discendente dell’Isis, malgrado l’allarmismo dei media
Malgrado i titoli allarmistici dei media, che strumentalmente continuano a dipingere i tagliagole dell’Isis come un pericolo immane, il sedicente “califfato” e i suoi nuovi affiliati stanno collezionando una serie di sconfitte, vedendo ridimensionarsi il loro potere e il denaro che serve ad alimentarlo.
In Iraq, l’offensiva dell’Esercito appoggiata dalle milizie sciite sta espugnando Tikrit (che può cadere da un giorno all’altro), rallentata solo dalla miriade di mine e trappole esplosive che i tagliagole Daesh hanno sparso ovunque e dagli attacchi suicidi di disperati spinti ad immolarsi; Falluja è già nel mirino della prossima avanzata, prova generale dell’attacco che avrà Mosul come obiettivo finale. La visita improvvisa del Capo di Stato Maggiore dell’Us Army a Baghdad di alcuni giorni fa, secondo alcune fonti pare sia avvenuta per fare pressioni perché si rallentassero le offensive in corso da cui gli americani sono stati tenuti fuori; se l’Isis collassasse all’improvviso, Washington si troverebbe d’un tratto senza la scusa per rimanere, e già circolano voci che l’offensiva di primavera su Mosul nei desideri del Pentagono dovrebbe slittare in autunno.
Ma c’è altro che indebolisce i Daesh: molti degli impianti petroliferi e raffinerie (spesso allestite sul confine) sono andate in fumo uno dietro l’altra, in Iraq come in Siria. La mancanza di raffinerie e l’incendio di molti pozzi, unita alla drastica diminuzione del prezzo del greggio (che ora sono costretti a vendere ai cartelli dei contrabbandieri fra i 20 e i 30 $ al barile, lontani dai picchi del passato), sta “affamando” le orde del “califfo”. Per questo, per fare cassa, mascherati da sedicenti motivi religiosi, hanno scatenato i raid contro i musei e i siti archeologici come a Mosul, a Nimrod, a Dur Sarrukin e altrove; per depredarli e vendere ciò che possono ai trafficanti, distruggendo bestialmente tutto il resto.
In Siria non va meglio per loro, e se a spese di altre bande di “ribelli” tentato d’aprirsi una strada verso la Turchia, da sempre un loro “santuario” da cui passano uomini e rifornimenti, l’Esercito siriano e gli alleati Hezbollah stanno ripulendo vaste aree del Paese, mentre si moltiplicano gli episodi di resistenza contro le loro pattuglie e i posti di blocco, con decine e decine di caduti fra i terroristi.
In Africa ha fatto scalpore il comunicato con cui Boko Haram annunciava la sua fedeltà all’Isis e al “califfo”; i media ne hanno parlato a lungo, ma non hanno detto delle tante sconfitte sanguinose che la setta sta collezionando. Da inizio marzo, vista l’incapacità dell’Esercito nigeriano, corrotto oltre ogni dire e infiltrato come i vertici politici, gli Eserciti di Ciad e Niger (sotto la discreta regia francese, che dopo la strage di Parigi ha deciso di fare più sul serio) sono entrati nello Stato del Borno, la terra di Boko Haram, e stanno conducendo una decisa offensiva. I morti fra i terroristi si contano a centinaia e oltre 36 località, tolte a novembre all’Esercito nigeriano, sono state liberate.
La setta risponde moltiplicando gli attentati suicidi, che mietono vittime fra la popolazione, e sono quelli i titoli con cui i media riempiono le testate, ma sul campo la marea sta cambiando, come sempre quando i terroristi hanno a che fare con una decisa reazione, tuttavia anche di questo quasi nessuno parla.
In Libia, bande di predoni che si sono appiccicate l’etichetta del “califfo” hanno attaccato alcuni campi petroliferi, salvo ritirarsi precipitosamente quando sono intervenute le forze di sicurezza del pur scalcinato Esercito libico perché nella realtà di banditi si tratta, tuttavia l’idea di orde che s’impossessano dei pozzi di petrolio è stata puntualmente evocata dalla stampa, insieme alla più ampia risonanza data ad ogni attentato compiuto.
State sicuri: fin quando servirà, l’immagine dell’Isis resisterà a ogni sconfitta e basterà la più assurda sciocchezza, confezionata da mani sapienti e buttata sul web, a far tremare l’intero Occidente: si crede ciò che si vuole o ciò che conviene, dicono i proverbi. Solo quando non servirà più evocarne il pericolo per giustificare fini inconfessabili, l’Isis si sgonfierà all’improvviso, come i tanti mostri creati e usati prima di lui.