Infrastrutture, per Toninelli non ci sono cantieri bloccati
La questione delle infrastrutture è tornata alla ribalta trainata dalla querelle “Tav si, Tav No”, il governo guidato dai Cinquestelle ma con una Lega che ormai ha superato nelle percentuali la compagine di Di Maio, vive una scissione psicologica oltre che politica e stando alle ultime dichiarazioni di Toninelli il quadro non è del tutto chiaro visto che per il ministro che guida il dicastero delle Infrastrutture non ci sono cantieri bloccati.
E’ davvero così? Non esattamente visto che tra strade, ferrovie e depuratori vi sono 36 miliardi di opere bloccate; sono 600 i progetti fermi a causa della burocrazia e delle difficoltà di rapportarsi con un governo dove ci sono due voci del tutto antitetiche.
Per capire bene la questione basterebbe narrare della vicenda del Palazzo di Giustizia di Reggio Calabria che a causa della mancanza di fondi è rimasto bloccato; c’è anche la storia troppo poco raccontata del centro polifunzionale dei carabinieri a Napoli che venne appaltato nel 2005 con tanto di apertura di cantiere ma con i lavori mai iniziati; ci sono anche le 50 scuole nel Friuli che andrebbero adeguate alle nuove norme antisismiche e neppure l’evoluta Milano è esente da queste situazioni visto che tre interventi di ristrutturazione per tre diverse scuole attendono il via.
La Modena-Brennero per molti potrebbe non voler dir nulla ma in quell’ambito che comprende anche l’A1 vi è una quota significativa del Pil nazionale che comprende agroalimentare, meccanica, ceramica, biomedicale. Per gli imprenditori di quella zona le parole di Toninelli suonano come campane stonate visto che la burocrazia le ha totalmente impantanate tanto che Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna e Virginio Merola, sindaco di Bologna, hanno convocato per sabato 9 Marzo una manifestazione pubblica che vedrà la partecipazione di sindacati ed imprese per accendere i riflettori sulla realtà che il ministro Toninelli ignora.
Almeno 600 opere bloccate per un totale di 36 miliardi di euro stando al censimento dell’Ance, l’associazione dei costruttori che non a caso al primo posto ha messo la Tav Torino-Lione, nodo di Gordio del governo giallo-verde, ma non è solo quello il problema visto che c’è anche il tratto tra Brescia e Padova che collega una delle zone più produttive del nord-est italiano che esporta e dà lavoro; 1900 milioni già finanziati per dei cantieri che non sono mai partiti.
Se si passa alle autostrade il discorso non cambia, anzi, visto che tra raccordi, bretelle e autostrade l’elenco diventa lunghissimo partendo dal raccordo della Val Trompia, passando per le autostrade emiliane sino ad arrivare alla Roma-Latina che è un progetto risalente a 18 anni fa che ha patito tutte le traversie che la burocrazia in salsa tricolore propone: gara da 2,8 miliardi lanciata ed annullata, ricorsi al Tar, ricorso al Consiglio di Stato. Verso il Sud la storia si fa spesso nefasta e anche in questo caso si rispettano tutti i canoni: tratto stradale Murgia-Pollino in Basilicata con un valore di 190 milioni, bloccata. In Sicilia, patria di tutte le nefandezze ci sono i 170 milioni destinate ai lavori per le strade secondarie bloccate da oltre un anno per assenza di uffici adeguati allo smistamento delle pratiche.
Non sono solo le strade a subire il blocco ma anche altre opere e sempre per rimanere in Sicilia vi sono una trentina di opere per la depurazione delle acque che non possono partire per la mancanza dei progetti esecutivi necessari come ad esempio la diga Pietrarossa con lavori iniziati nel 1989, interrotti nel 1997 e mai più ripresi eppure si è dinnanzi ad un’opera che è completa al 95%
Un realtà che sfugge al ministro Toninelli, concentrato in altre faccende governative eppure basterebbe documentarsi anche superficialmente oppure basterebbe ascoltare la voce degli imprenditori che vivono le problematiche sulla loro pelle prima di lanciarsi in dichiarazioni che hanno del farneticante ma che mirano ad un obiettivo ben preciso che è quello di dare il pastume quotidiano all’elettorato grillino che è costretto a rincorrere la perenne campagna elettorale del loro ministro dell’interno, quel Matteo Salivini che ha e che continua a fagocitare voti ad un movimento che ha perso del tutto la bussola politica.
di Sebastiano Lo Monaco