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In questo momento chi sta combattendo in Siria? Manca qualcuno?

di Cristina Amoroso

Era pronto la scorsa estate Barak Obama a dissotterrare l’ascia di guerra contro Assad, ma l’altolà di Putin in difesa della normativa internazionale aveva costretto il bellicoso presidente degli Stati Uniti a rinunciare ai suoi progetti militari contro Damasco, usando come motivo per l’attacco un “pretesto artificioso”, facendo per di più una figura meschina. E dopo avere soffiato sui venti di guerra minacciando raid “a difesa dei diritti umani” del popolo siriano e chiamando a raccolta i difensori della democrazia, quando mancarono le prove perché “le armi chimiche erano usate dai ribelli”, a fine estate i think tank neocon cambiarono strategia.

Le pedine di guerra si spostarono a Piazza Maidan (per isolare Putin?), senza peraltro che i media occidentali distogliessero l’attenzione dalla Siria, tenendo vivo il tasto della violazione dei diritti umani verso i siariani (sui cristiani, sui rifugiati siriani in Egitto, sui morti in mare in cerca di asilo), quasi a preparare il campo per una buona aratura, dove la democrazia è copertura, i mezzi umanitari l’occupazione.
A distanza di un anno Obama è riuscito a lanciare la sua “coalizione internazionale di 40 Paesi” pronti a colpire lo Stato Islamico, a fare la guerra agli sgozzatori impazziti, ad un “Regno del Terrore transnazionale”, che – guarda caso – oltre avere occupato parte dell’Iraq, controlla alcune zone anche in Siria. Pronti a colpire l’Isis ci sono l’Olanda, la Germania, il Kurdistan irakeno, che qualcuno già accredita come Stato, l’Australia, dove è stato sventato un attacco di terroristi, ispirati dall’Isis, che volevano rapire gente a caso e decapitarla.

E dall’altra parte, chi c’è a combattere? Per saperlo ricorriamo ad un recentissimo articolo del Dr. As’ad AbuKhalil, professore di Scienze Politiche presso l’Università della California, docente e autore di The Angry Arab News Service, uscito il 22 settembre su un giornale libanese e il 24 su Huffington Post.
Il dr As’ad AbuKhalil parla di guerre siriane proxy, cioè per procura, elencando tutte le forze in campo combattenti in Siria e premettendo che la guerra siriana non è solo una guerra proxy, dal momento che la dimensione interna della guerra è oscurata da vari strati e dimensioni di interventi esterni e diversi ordini del giorno. Quando è scoppiata l’aggressione nel 2011 c’era un’opposizione popolare che protestava contro Assad, ma in concomitanza con la rivolta, o presunta tale, la Turchia e i regimi del Golfo avevano già istituito gruppi di “ribelli” armati per contribuire a far cadere il legittimo governo di Assad.

La dimensione interna della guerra in Siria, tuttavia, è ora probabilmente marginale alla guerra globale e regionale che infuria nel Paese oggi. Vengono poi elencate le diverse guerre per procura in Siria oggi che possono essere riassunte come segue:
1. La guerra wahhabita interna: La guerra wahhabita interna consiste nel contrapporre le varie parti wahhabite nella regione una contro l’altra. Il regime saudita, il regime del Qatar, al-Qa’idah (al-Nusra) e Isis.
2. La guerra iraniano-saudita: le due parti sono impegnate in lotte in diverse parti della regione, dallo Yemen al Libano e alla Siria. Conflitto sul dominio politico ed egemonia.
3. La guerra tra sunniti e sciiti: questa è una guerra piuttosto artificiosa che è stata istigata dal regime saudita – per volere di Stati Uniti e Israele – per minare la base di sostegno arabo ad Hezbollah e all’Iran nella regione.
4. La guerra russo-americana: questo conflitto ricorda la Guerra Fredda. Le tensioni tra il governo russo e il governo americano non ha mai raggiunto questo livello dal crollo dell’Unione Sovietica. Il conflitto su Ucraina e la Siria, tra l’altro, ha spinto entrambe le parti a ricorrere ai trucchi e metodi della Guerra Fredda, tra cui guerre per procura.
5. Conflitto Qatar e Arabia: i due regimi sono in lotta per molte questioni, ma entrambi vogliono parlare a nome dell’Islam politico. Il Qatar si rivolge alla Fratellanza Musulmana e ad alcune fazioni radicali, mentre il regime saudita ai salafiti, o presunti tali. Questo conflitto può spiegare il conflitto tra il Fronte Nusrah e l’Isis.
6. Hezbollah contro il Movimento Futuro del filo-saudita Hariri: la resistenza libanese è entrata in conflitto in Siria solo quando stavano per iniziare ad attaccare il Libano; mentre il Movimento Futuro che al suo interno comprende vari stand, tra cui miliziani, mercenari e fanatici sbandati, è stato tra i finanziatori e sostenitori del terrorismo in Siria.
7. Il conflitto regionale tra l’organizzazione globale dei Fratelli Musulmani da una parte ed i salafiti regionali dall’altro.
Di fronte al preciso quadro delle attuali forze belligeranti in Siria ci sorge qualche domanda:
Se è vero che Washington trasferisce tre miliardi di dollari l’anno per gli armamenti a Israele, al glorioso Tsahal, le forze della difesa più morali del mondo, perché Israele non si unisce alla Coalizione americana per abbattere il Terrore dei Takfiri?
Se è vero che Israele non partecipa all’abbattimento “della più grande minaccia alla sicurezza e alla comune civiltà” forse che l’Isis fa bene ad Israele? Soprattutto perchè contribuisce a balcanizzare la regione secondo il progetto giudaico?

Se nella questione delle armi chimiche il vero vincitore è stato Israele perchè la Siria – dando le sue scorte di armi chimiche – ha di fatto perso una delle sue difese strategiche contro l’invasione israeliana, che parte ha Israele e quale sarà il risultato che Tel Aviv otterrà in questo conflitto contro l’Isis, nel quale i nemici sono anche i suoi finanziatori?

 

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