In Iraq si sta completando il rischiaramento del contingente italiano
In Iraq, a Erbil, si sta completando il rischiaramento del contingente italiano destinato a operazioni di “Personnel Recovery”, vale a dire di ricerca, soccorso e recupero di personale disperso o ferito anche in aree ostili. Al di là della pudica definizione ufficiale, si tratta di una missione “combat” a tutti gli effetti, perché destinata a svolgersi anche (ma si potrebbe dire soprattutto) in presenza di fuoco nemico.
Nell’area sono già presenti 4 elicotteri Nh-90 dotati di contromisure verso i missili spalleggiabili terra-aria (i “manpads”, ultimamente forniti largamente a terroristi e “ribelli” d’ogni sorta da Usa, Turchia e soprattutto dagli Stati del Golfo), oltre che di mitragliatrice a canne rotanti tipo Gatling. Al seguito dei velivoli sono già affluiti 60/70 uomini appartenenti ai Reggimenti 5° Rigel, 7° Vega e ai fanti dell’aria del 66° Trieste.
Sono in corso di trasferimento 4 elicotteri d’attacco Aw-129 Mangusta, dotati di cannone a canna rotante da 20 mm, razziere e missili, destinati a dare copertura alle missioni. Entro la fine del mese l’intero contingente di 130 uomini e 8 elicotteri sarà al completo; per la stessa data è prevista la Foc (Final Operational Capability), ovvero la capacità operativa.
Mentre con discrezione si ultima il trasferimento di questo reparto, a giorni sarà annunciato l’avvio della missione a protezione dei lavori presso la diga di Mosul e la composizione del contingente. Anche questa, malgrado se ne parli poco, è una missione pienamente “combat” che coinvolgerà circa 500 militari italiani, che si aggiungeranno alle diverse centinaia già impiegati nell’area in compiti di ricognizione o istruzione.
Fa specie vedere che, obbedendo come sempre alle direttive di Washington, l’Italia continui a distaccare i pochi assetti preziosi di cui dispone in teatri lontani (vedi Afghanistan) mentre in Libia, sulla porta di casa, la situazione continua a degenerare.