Arabia Saudita, pena di morte non risparmia nemmeno i bambini
In Arabia Saudita la pena di morte non risparmia nemmeno i bambini. Spesso, buona parte degli arresti sono ufficializzati come logica conseguenza di indagini anti-droga, ma il numero di condannati si è impennato dopo le manifestazioni anti-regime.
Sono tantissimi gli attivisti anche pacifisti imprigionati, le donne e le minoranze religiose discriminate e sono oltre 9 milioni i lavoratori senza diritti in balia di processi fantoccio. La situazione quindi non cambia dagli anni passati: centinaia di persone sono costrette a processi sommari (anche se a volte il processo viene addirittura saltato) e a detenzioni arbitrarie.
In Arabia Saudita non c’è un codice penale ufficiale, il governo tramanda negli anni norme e leggi, ma in assenza di un codice scritto la giustizia si fa spesso sommaria. Le detenzioni, che non risparmiano nemmeno i bambini, spesso sono fatte di torture e violazioni delle norme processuali, di terapie mediche coatte anche quando non necessarie. I bambini possono essere arrestati e scontare la loro pena non appena compariranno su di loro i segni della pubertà, i giudici possono emettere gli ordini di detenzione a loro discrezione.
Molto spesso inoltre, le autorità non avvisano gli imputati che sono soggetti ad indagini, così accade che si ritrovino arrestati senza nemmeno sapere di essere stati sospettati. Gli avvocati dell’accusa non possono portare testimoni o prove dell’innocenza dei loro assistiti: il processo è quindi una farsa, una vuota formalità con un finale già deciso. Il numero delle esecuzioni è purtroppo in aumento secondo le organizzazioni per i diritti umani, un dato allarmante soprattutto perché l’Arabia Saudita, tra i 38 Paesi del mondo che ancora adottano la pena di morte.
Quest’anno, almeno 110 persone sono state giustiziate dall’Arabia Saudita – almeno 44 di loro sono cittadini stranieri, la maggior parte dei quali è stata giudicata colpevole di reati connessi alla droga. Nel 2018, l’Arabia Saudita ha effettuato 149 esecuzioni.
di Federica Albano