Impennata dei prezzi mondiali del petrolio. End game della strategia mondialista?
I prezzi mondiali del petrolio hanno registrato un’impennata nel corso di rinnovate tensioni e di nuove ondate di proteste di massa in Ucraina. Martedì scorso, a New York, il prezzo della West Texas Intermediate (Wti) per la consegna di maggio è salito di 2,12 dollari, attestandosi al 102,56 al barile, che è il suo livello più alto in un mese. Il prezzo della Brent Mare del Nord per la consegna a maggio è cresciuto di 1,58 dollari per raggiungere 107,67 dollari al barile a Londra.
L’aumento dei prezzi segue a ruota il crescere di manifestazioni filo-russe in Ucraina. Domenica 6 aprile, si sono verificati nuovi scontri a Donetsk. Una manifestazione di circa duemila persone che protestavano contro il governo centrale ucraino si è trasformata dopo poco in un assalto di un drappello di uomini all’edificio dell’amministrazione regionale. Entrati all’interno, i manifestanti hanno issato bandiere russe sui balconi e chiesto ai consiglieri di indire un referendum sull’autonomia da Kiev entro il 18 aprile. Analoghe manifestazioni filo-russe si sono tenute nelle principali città di Kharkiv e Lugansk in Ucraina orientale nei giorni scorsi. I manifestanti di Kharkiv, hanno dichiarato la loro indipendenza da Kiev annunciando la formazione della repubblica indipendente alla stregua dei pro-russi di Donetsk. Le principali città dell’Ucraina orientale e meridionale stanno chiedendo la loro autonomia dopoché la Crimea ha dichiarato la propria indipendenza, facendo formalmente parte della Federazione russa a seguito del referendum del 16 marzo, in cui quasi il 97 per cento degli elettori ha votato l’annessione alla Russia.
Desmond Chua, analista di mercato presso i Cmc Markets a Singapore ha sostenuto che: “Le tensioni rinnovate in Ucraina stanno decisamente fornendo un sostegno ai prezzi del petrolio”. I ricercatori di mercato infatti ritengono che i commercianti sono preoccupati per un’interruzione nella fornitura di gas russo verso l’Europa attraverso l’Ucraina, che porterà i prezzi del petrolio e del gas alle stelle.
Il contrasto tra Kiev e Mosca non è una questione tra due Paesi vicini ma un vero conflitto globale, una guerra iniziata a suon di economia e finanza, approvvigionamento energetico e materie prime. Una volta terminata la guerra con le armi è iniziata la lotta per la supremazia. Al crollo dell’Unione sovietica, Washington ha instaurato un assetto geopolitico unipolare incardinato sugli Stati Uniti, per raggiungere il quale i centri decisionali statunitensi hanno escogitato e messo in atto una strategia “mondialista” volta ad omologare tutti i popoli che abitano il pianeta ai principi del nuovo ordine mondiale. Tale strategia si è dispiegata sul piano economico attraverso l’espansione coatta del libero mercato, su quello geopolitico con l’occidentalizzazione del mondo e su quello militare con la riconfigurazione ed espansione verso Est della Nato, come sostiene Giacomo Gabellini nel suo libro, “La Parabola. Geopolitica dell’Unipolarismo Statunitense”.
Sta di fatto che ora il controllo dell’Ucraina è diventato obiettivo strategico geopolitico. Dietro l’impennata dei prezzi mondiali del petrolio c’è il Gazprom russo, il transito nei gasdotti ucraini è fondamentale per mantenere lo status quo sulle forniture.
Riuscirà Washington a interrompere il rapporto Russia-Ue sul gas per inserirsi con le sue forniture e legare a sé l’Europa in un abbraccio mortale?
Riuscirà Washington a subentrare in Ucraina nel “granaio” della Russia, per “aumentare” la produzione del grano grazie alla Monsanto e alla Dupont, e alle altre multinazionali “occidentali” come la Nestlè, la Kraft, la Cargill… che vi hanno investito negli ultimi anni miliardi di dollari?
Riuscirà Washington a mettere in Ucraina un altro tassello alla strategia militare Usa-Nato per accerchiare la Russia, avanzando il suo scudo missilistico dopoché i Paesi dell’Ex Unione Sovietica sono entrati nella Nato (Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia)?
Riuscirà Washington a portare avanti la sua strategia mondialista? E se non ci riuscirà quale altra strategia metterà in atto in Europa o nel mondo?
E intanto la situazione degli Ucraini ricorda sempre più quella della Grecia, il loro Paese è a rischio fallimento, per i debiti con i russi… l’aumento del prezzo del gas… Fortunatamente gli occidentali hanno un altro obiettivo strategico: gli eurodollari dati in prestito.
Il Fondo Monetario Internazionale ha negoziato con l’attuale premier ucraino Arseniy Yatsenyuk, che è un economista ed ex dirigente di banca (guarda caso?), un pacchetto di “aiuti all’Ucraina” tra i 14 ed i 18 miliardi di dollari, gli Usa promettono un miliardo, il Giappone uno e mezzo, l’Ue ha promesso 11 miliardi di cui 1,6 arriverà dopo l’accordo con il Fmi. Prestito o sciacallaggio? L’Italia ne sa qualcosa!