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Yemen, un anno dalla brutale aggressione saudita

Il 26 marzo fa un anno che le bombe cadono sullo Yemen, che contingenti provenienti dai Paesi più disparati pagati dai sauditi lo invadono con l’aiuto di mercenari di agenzie di contractors e di bande criminali arruolate in tutto il Medio Oriente, Al-Qaeda in primis, che un blocco scellerato impedisce l’arrivo di aiuti, medicine, viveri. Un Popolo massacrato e ridotto alla fame da Riyadh, che così vuole punire chi ha osato ribellarsi al proprio potere, chi ha voluto essere finalmente libero, chi s’è messo accanto alla Resistenza.

Da un anno i combattenti di Ansarullah, affiancati dall’Esercito e dai comitati di Resistenza popolare restituiscono colpo su colpo, facendo pagare un prezzo altissimo ad aggressori che pensavano in una facile vittoria. Ma i bestiali attacchi terroristici continuano, le infrastrutture di un Paese già povero sono ridotte in polvere, una Nazione è alla carestia.

Dopo contatti segreti tenuti in Giordania, l’inviato dell’Onu Ismail Walid al-Shayk Ahmad ha annunciato ufficialmente che una tregua inizierà il 10 aprile e negoziati diretti fra le parti (gli Houthi e il governo-fantoccio di Mansur Hadi, la marionetta di Riyadh) si terranno a partire dal 18 in Kuwait, poiché l’Oman, che ha rifiutato di unirsi all’aggressione, è stato ritenuto troppo vicino ad Ansarullah.

Le trattative dovrebbero essere incentrate sull’applicazione della risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza, una risoluzione vergognosa che non solo non fa menzione dell’aggressione, ma parla di ritiro delle milizie dalle città, consegna delle armi pesanti al ”governo”, scambio di prigionieri (ovvero liberazione di criminali prezzolati e terroristi che dalla parte dei sauditi hanno massacrato la popolazione yemenita) e riattivazione, ovvero reinsediamento, del governo manovrato da Riyadh con cui si dovrebbe riprendere il “dialogo”.

Nulla si dice delle bande criminali armate dai sauditi e soprattutto di Al-Qaeda, che approfittando del collasso del Paese, e dell’alleanza resa ufficiale con l’Arabia Saudita, s’è irradiata come un cancro occupando vaste aree della Nazione.

Inutile dire che su queste basi è assai difficile si giunga ad un accordo, come pure, sulla scorta dell’esperienza della passata “tregua” dichiarata da Riyadh il 15 dicembre e mai attuata fino alla sua ufficiale cessazione il 2 gennaio, sono assai scarse le speranze di un cessate il fuoco che ponga fine alle violenze, quanto meno sui civili.

Intanto, il Wfp dell’Onu (World Food Program), per bocca di Adham Musallam suo vice direttore, ha dichiarato che su metà dello Yemen incombe la carestia; 10 delle 22 province del Paese sono classificate in emergenza, a un passo dalla fame, e oltre 10 milioni di abitanti hanno necessità di aiuti alimentari, mentre 2,3 milioni sono stati sfollati; tutto questo a causa dell’aggressione e del feroce blocco totale deciso unilateralmente dall’Arabia Saudita.

Dinanzi a questo massacro soprattutto di civili, a questo disastro umanitario, a questa invasione, a questi bombardamenti terroristici continui, è vergognoso il silenzio, il totale disinteresse, la manifesta complicità, la stupefacente ipocrisia di media e comunità internazionale in un’aggressione che gronda sangue in corso ormai da un anno.

di Redazione

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