Ilva, si blocca il bando d’acquisto
La vicenda che vede protagonista l’Ilva di Taranto si arricchisce dell’ennesimo colpo di scena; questa volta dopo sei anni esatti dal sequestro da parte della procura di Taranto la vita del polo siderurgico più grande d’Europa è appesa ad un filo sottilissimo; senza considerare i cinque anni passati tra il commissariamento e l’amministrazione straordinaria conditi da 13 decreti governativi, un processo che vede protagonisti 40 imputati per disastro ambientale. Vi sono inoltre 17mila posizioni creditorie per un’esposizione finale che sfiora i 4miliardi di euro, eppure in tutta questa situazione è impossibile vedere una svolta che non sia negativa.
Il bando di gara era stato vinto lo scorso anno da ArcelorMittal che sembrava destinata a scrivere una pagina nuova e lasciarsi alle spalle il dramma dell’Ilva, ma anche qui il tutto si è rivelato vano e non sono bastate due Autorizzazioni Integrate Ambientali del 2011 ed un secondo predisposto da Arcelor nel 2017 per far partire i tanto attesi lavori di risanamento. L’ultimo capitolo della telenovela Ilva è quello che sta scrivendo il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, capofila di quei 5Stelle che hanno promesso moltissimo al Sud che li ha ripagati del plebiscito elettorale del 4 Marzo scorso.
Di Maio ha avviato un’indagine del MiSe che è da lui guidato per verificare che la procedura di gara che ha assegnato gli asset dell’Ilva al gruppo Arcelor sia avvenuta secondo i termini di legge; i primi rilievi giunti sulla scrivania del ministro hanno spinto Di Maio a chiedere consiglio all’avvocatura di Stato e procedere con degli approfondimenti questo nonostante a maggio si fosse pronunciato l’antitrust europeo affermando che la gara si è svolta in modo regolare.
Tutto ruota intorno ad un punto ben preciso: se l’indagine accertasse delle anomalie la gara si annullerebbe, concetto ribadito ieri dal vicepremier nell’incontro avuto con la delegazione della società indiana, durante il quale Di Maio ha sottolineato l’apprezzamento per la controproposta sul fronte di nuovi e più stringenti impegni nella tutela ambientale, ma ha evidenziato come «sull’occupazione la situazione non sia soddisfacente e vada ancora approfondita». ArcelorMittal ha chiesto che l’addendum non sia reso pubblico per problemi di concorrenza, pur impegnandosi «a raccontarlo a tutti gli stakeholder attraverso momenti di confronto», ha concluso il ministro che dopo la conferenza stampa è andato via senza rispondere alle domande dei cronisti.
L’ArcelorMittal si è impegnata a rilanciare l’Ilva tramite un piano industriale che prevede investimenti per 4miliardi di euro, ma il rovescio della medaglia che costerebbe caro allo Stato italiano si presenterebbe nel momento in cui lo scenario dell’annullamento diventi effettivo, in quel caso il governo di cui Di Maio è fiero rappresentante andrebbe ad affrontare una causa miliardaria contro il colosso indiano. Logica vorrebbe che il MiSe, insieme ai commissari straordinari, indicesse un nuovo bando di gara europeo per la nuova assegnazione del gruppo Ilva.
Questo significherebbe far slittare la soluzione della vicenda Ilva al 2019, con ulteriore slittamento degli adempimenti sul fronte ambientale, tempo durante il quale Ilva avrebbe bisogno di nuova liquidità che il governo giallo-verde dovrebbe garantire attraverso decreto, come avvenuto dal 2013 ad oggi. Per non parlare delle criticità che si verrebbero a creare sia sul fronte sicurezza per i lavoratori, con una manutenzione degli impianti oramai ai minimi termini, sia nella crisi dell’indotto che già oggi vanta crediti per decine di milioni di euro.
Servirebbe un piano B che al momento non è previsto e se il passo successivo sarebbe quello della chiusura dell’Ilva, bisognerebbe far fronte ad una situazione sociale che non si può approntare da un giorno all’altro. Sarebbe necessaria una programmazione chiara portata avanti da idee che hanno un orizzonte di realizzazione reale, bisognerebbe riconvertire un territorio che si vedrebbe privato di un esercito di lavoratori che dall’oggi al domani rimarrebbero senza lavoro e con essi le loro famiglie. Cose che appaiono impossibili da realizzare visto l’andamento dell’attuale governo che sembra del tutto dissociato dai problemi reali che contrassegnano il territorio italiano e quello del Sud in particolar modo, un governo che oltre a dar voce ad una fantomatica emergenza migranti e far smuovere gli istinti più reconditi ad una parte della popolazione non sta facendo nulla per prevenire le emergenze come quella di Taranto.
di Sebastiano Lo Monaco