Ilan Pappe: “La pulizia etnica della Palestina”
Proporre in questi giorni la lettura del libro La pulizia etnica della Palestina di Ilan Pappe non è soltanto un caso legato alle ultime dichiarazioni del Ministero dell’Informazione palestinese, che in occasione dell’anniversario della Dichiarazione Balfour ha sottolineato che “dal 1917 i palestinesi stanno pagando il prezzo del reato politico più grande della storia contemporanea”.
Secondo la Dichiarazione da parte di Arthur James Balfour, ministro degli Esteri britannico del 2 novembre 1917, il suo governo considerava “con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico”. Più di 30 anni dopo, il regime israeliano è stato creato ed installato nei Territori palestinesi occupati.
La Dichiarazione di Balfour, che ha portato alla creazione del regime razzista di Israele sulle macerie della Palestina occupata è stata condannata dall’Autorità Palestinese come “un crimine contro l’umanità” iniziando un processo di pulizia etnica dei palestinesi che continua fino ad oggi”. “Un segno di vergogna per l’umanità”, ha aggiunto la nota.
“La Gran Bretagna e il mondo intero devono riconoscere i diritti dei palestinesi usurpati perché tutto ciò che ha colpito la Palestina – è la partizione, l’aggressione, la repressione, gli insediamenti, gli arresti, il muro di separazione, l’assedio a Gaza, e dei milioni di palestinesi che vivono in esilio – è stato reso possibile a causa della Dichiarazione Balfour”, ha aggiunto.
Per il movimento palestinese Fatah guidato da Mahmoud Abbas la dichiarazione britannica non è altro che “una promessa infame e illegale” che ha portato miseria ai palestinesi, e la Gran Bretagna e gli altri sostenitori di Israele sono stati responsabili di “crimini di stampo razzista e sionista”. Fatah ha dichiarato che “il popolo palestinese è determinato a ottenere tutti i propri diritti per liberare la loro patria dall’occupazione israeliana e dai coloni ebrei”, invitando la Gran Bretagna a chiedere scusa e fare ammenda per i crimini commessi contro la Palestina a causa della dichiarazione.
Proporre quindi la lettura del libro La pulizia etnica della Palestina di Ilan Pappé nasce anche dal bisogno di ricordare l’autore Ilan Pappé, il più anticonformista degli israeliani, che conduce una battaglia radicale contro l’establishment politico e accademico di Israele, da dove dovette fuggire per il Regno Unito per continue minacce di morte. Pappé è un storico comunista anti-sionista, uno dei rappresentanti della cosiddettam“Nuova storiografia israeliana”, che ha come fine scientifico ed etico quello di sottoporre a un accurato riesame la documentazione orale che è prevalsa per decenni nel tracciare le linee ricostruttive storiche relative alla nascita dello Stato d’Israele e del sionismo in Israele.
Definito da John Pilger il più coraggioso, più onesto, più incisivo degli storici israeliani, Ilan Pappé nel libro sostiene che la Nakba (catastrofe) ovvero la cacciata di circa 250mila palestinesi dalla loro terra iniziò nel 1948 con lo Stato di Israele e non sarebbe direttamente imputabile a Israele.
L’autore studiando a lungo la documentazione (compresi gli archivi militari desecretati nel 1988) esistente su questo punto cruciale della storia del suo Paese, giunge ad una visione chiara di quanto era accaduto nel ’48 drammaticamente in contrasto con la versione tramandata dalla storiografia ufficiale: già negli anni Trenta, la leadership del futuro Stato d’Israele (in particolare sotto la direzione del padre del sionismo, David Ben Gurion) aveva ideato e programmato in modo sistematico un piano di pulizia etnica della Palestina. Ciò comporta, secondo l’autore, enormi implicazioni di natura morale e politica, perché definire pulizia etnica quello che Israele fece nel ’48 significa accusare lo Stato d’Israele di un crimine. E nel linguaggio giuridico internazionale, la pulizia etnica è un crimine contro l’umanità. Per questo, secondo Pappé, il processo di pace si potrà avviare solo dopo che gli israeliani e l’opinione pubblica mondiale avranno ammesso questo “peccato originale”.
di Cristina Amoroso