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Il Vaticano apre le porte alla Russia

di Mauro Indelicato

Sono in molti gli analisti che attendono con molta aspettativa la visita di Vladimir Putin in Vaticano; in effetti, un presidente russo che attraversa le mura leonine non è di tutti i giorni, anzi di tutte le decadi visto che, per un motivo o per un altro, per il comunismo prima e per le stravaganze del Patriarca Alessio II poi, tra la Santa Sede ed il Cremlino la simpatia non è stata mai così scontata.

Ma al di là di una visita che, di per sé per l’appunto, ha i crismi della storicità, sono due gli spunti interessanti da visionare con attenzione: il primo, riguarda l’insistenza della diplomazia russa nel chiedere questo incontro e quindi, di conseguenza, la nuova prospettiva assunta, per altro verso, dalla diplomazia vaticana con l’ascesa al soglio pontificio di Papa Francesco.

Sembrano lontani i tempi in cui Giovanni Paolo II stringeva le mani a Raegan, Bush senior e Clinton in nome dell’anticomunismo, così come sembrano lontani anche gli anni, decisamente recenti, di quando Benedetto XVI festeggiava alla Casa Bianca il proprio compleanno; insomma, pur se da una posizione formalmente bipartisan, il Vaticano ha strizzato più di un occhio all’Occidente ed agli Usa in particolare, nella visione, rivelatasi poi estremamente errata, che la priorità era quella di combattere il comunismo ed i suoi regimi oltre muro.

Con il Papa sudamericano invece, sotto l’ombra del cupolone di San Pietro si respira un’aria diversa, sembra che davvero la Chiesa voglia essere una sorta di un surrogato dell’Onu di stanza a Roma e che voglia realmente essere meno imbrigliata in alleanze e muoversi liberamente in politica estera. Questo Putin lo ha capito, ha osservato infatti con attenzione le mosse di Bergoglio in occasione della crisi siriana e vuol sfruttare l’occasione storica offerta dalla Santa Sede.
Ma non solo; anche se Papa Francesco non lo ammette o comunque mai non lo farà in pubblico, il leader russo è stato l’unico, a livello politico, che in Europa ha posto il problema delle persecuzione cristiana, sia fisica che ideologica. Le recenti leggi che vanno a condannare gli atteggiamenti omosessuali in pubblico, così come la denuncia delle uccisioni di migliaia di cristiani ogni anno in Africa ed Asia, fanno di Putin l’unico leader che ha posto al centro della sua attenzione, la questione religiosa.

Questa volta poi, la Chiesa Ortodossa non pone ostacoli o, se li ha posti, non sono stati presi in considerazione dal presidente russo; da Mosca, le alte sfere del clero orientale non gradiscono una certa vicinanza tra i leader politici del Cremlino e la Santa Sede, viene percepita come disturbo, ecco il perché solo in poche occasioni in passato Papi e Zar o presidenti si sono incontrati. Del resto, Putin vede nel Vaticano una nuova inattesa, e quindi più piacevole, carta da giocarsi: in un mondo in cui sta naufragando l’unilateralità americana, avere un’istituzione così importante nel cuore di Roma con cui poter interloquire ed aver un potenziale appoggio, è un’occasione che il presidente russo non può lasciarsi sfuggire.

Finita l’epoca a stelle e strisce in Vaticano, di certo Putin sa che non può iniziare quella con il tricolore russo, ma almeno dar una tinteggiata d’oriente nei palazzi apostolici, approfittando anche della presenza di un Papa sudamericano, che proviene quindi da una terra che spesso fa blocco comune con la Russia di oggi, di certo non guasta.
Il Vaticano quindi, apre le sue porte a nuovi orizzonti; non è così scontato per il fulcro della cristianità e quindi di gran parte della cultura europea, che in futuro la Santa Sede prenda posizioni a favore dei “vicini” europei e del loro “alleato” americano e questo per il mondo occidentale, a lungo termine, potrà rappresentare una svolta.

L’altro elemento interessante, riguarda indirettamente l’Italia: Putin viene a Roma per il Papa e fa scalpore la sua visita oltre Tevere, non invece al Quirinale, il cui passaggio viene visto solo come un “effetto collaterale” della giornata romana del presidente russo.
Ecco quanto conta oggi l’Italia: un presidente di una rinata Russia scende nella penisola, va nel cuore della sua capitale e si limiterà a fare una toccata e fuga nei palazzi delle istituzioni italiane, preferendo invece passare più tempo con il Vescovo della capitale. Ancora una dimostrazione, qualora ce ne sia ancora bisogno, di come è ridotta la diplomazia e la credibilità dell’Italietta odierna.

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