Il popolo siriano ha scelto il suo presidente
L’esito delle elezioni presidenziali in Siria ha messo in risalto il notevole sostegno al presidente Bashar al Assad da parte di tutto il popolo siriano. Assad, che appartiene alla setta alawita, un ramo dell’Islam sciita, ha avuto il sostegno anche della gran parte della comunità musulmana sunnita e della minoranza cristiana. La guerra tra i cosiddetti “ribelli” e l’esercito siriano ha portato 160 mila morti, ha reso profughi un terzo della popolazione siriana, che prima della guerra era di 23 milioni, e ha distrutto vaste aree del Paese.
Il sostegno del popolo siriano al suo legittimo presidente si è concretizzato martedì 3 giugno, quando uno schiacciante 88,7% ha definitivamente sugellato il patto di fiducia tra Assad e il suo popolo. Le elezioni sono state boicottate dall’opposizione siriana e nelle aree controllate dai “ribelli” non si sono potuti aprire i seggi. Ma comunque il 73,42% degli aventi diritto al voto ha potuto esercitare questo diritto. Alla riconferma di Bashar al-Assad alla guida della Siria hanno, loro malgrado, contribuito tutti i suoi oppositori. Devastazione, povertà, distruzione delle infrastrutture e morte sono solo alcune delle terribili tracce del passaggio dei “ribelli” sul territorio siriano.
Per tre anni, bande armate supportate dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dai loro alleati regionali, primi fra tutti Arabia Saudita, Qatar e Turchia hanno messo a ferro e fuoco la Siria, terrorizzando la popolazione, destabilizzando il Paese in nome di una presunta “democrazia” che ha lasciato dietro di sé solo una scia di devastazione e morte. La vittoria alla presidenziali di Bashar Al-Assad non rappresenta solo una vittoria politica; essa è il più chiaro e forte messaggio del popolo siriano al mondo intero: il popolo siriano (e solo lui) ha il diritto di scegliere da chi essere governato e rifiuta fermamente qualsiasi ingerenza straniera nella propria politica.
Intanto, all’indomani dalle elezioni, l’Unione Europea ha dichiarato tramite Catherine Ashton che le elezioni sono da considerare “illegittime” e costituiscono “una minaccia per gli sforzi politici in corso per trovare una soluzione a questo orribile conflitto”. E ciò nonostante il voto dei siriani sia stato “presidiato” da una commissione internazionale, inviata nel Paese proprio per verificarne la regolarità nello svolgimento. Il 4 giugno Aladin Boruyardi, portavoce degli osservatori, ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava che “Queste elezioni si sono svolte in modo democratico, equo e trasparente”.
Alla posizione assunta dall’Ue, conseguentemente all’esito del voto, ha replicato il governo siriano, secondo quanto riporta Hispain Tv; il governo siriano ha condannato la dichiarazione dell’Unione europea che ritiene “illegittime” le elezioni presidenziali dello scorso 3 giugno in Siria, che si sono concluse con la schiacciante vittoria dell’attuale presidente Bashar al-Assad. Il ministero degli Affari Esteri della Siria, in una nota diffusa il 7 giugno, ha dichiarato che la posizione del blocco europeo, per quanto riguarda le elezioni in Siria, è una chiara “violazione” del diritto internazionale, che prevede il rispetto della sovranità degli Stati e la non interferenza negli affari interni di altri Paesi.
“La posizione dell’Ue è in contrasto con i principi fondamentali della democrazia e del rispetto per il diritto dei popoli a scegliere i loro leader e decidere il loro futuro alle urne”, recita la nota. Si sottolinea che la vera legittimazione deriva dalla volontà della nazione e non dalla soddisfazione di uno o più altri Paesi. Secondo il ministero degli Esteri siriano, l’afflusso di massa di siriani elettori alle elezioni presidenziali, sia a livello nazionale che all’estero, è la più grande prova della legittimità di quel voto. Il testo aggiunge che i Paesi che hanno le mani macchiate del sangue dei siriani e sono implicati nella distruzione del patrimonio culturale del territorio arabo, così come quelli che cercavano di impedire il processo politico in Siria, sono gli ultimi a poter esprimere le loro preoccupazioni sulla nazione siriana.