Il mondo volta le spalle al dramma dei prigionieri palestinesi
Arafat Jaradat aveva 35 anni, è morto torturato nelle celle israeliane, suscitando lo sgomento e la rabbia di migliaia di civili, stanchi di una situazione che va degenerando sempre di più nei Territori occupati.
Il signor Jaradat, disperato per la morte del figlio, accusa Israele di aver torturato e massacrato Arafat ed afferma che il corpo fosse pieno di lesioni “dalla testa ai piedi”.
L’autopsia israeliana smentisce, sostenendo che eventuali segni di apparente violenza possano essere ricondotti al fallito tentativo di rianimazione.
Ai funerali partecipano migliaia di persone, dimostrando così il loro dolore ed il loro sostegno per gli altri prigionieri.
Ai già quattro palestinesi in sciopero della fame da diversi giorni, si aggiungono altri numerosi protestanti che mirano a mettere in evidenza le drammatiche situazioni delle carceri israeliane, dove i prigionieri vengono torturati ed evidentemente portati allo stremo delle forze, fino alla conseguente morte.
Il popolo palestinese non è intenzionato a fermarsi o a tacere e mette l’accento sulle note dolenti e sconvenienti di cui il mondo vergognosamente, sembra non accorgersi, dando vita a diverse manifestazioni di protesta.
Intanto, Israele continua la “detenzione amministrativa”, provocando l’ira delle masse palestinesi.
Fino a quando i giovani palestinesi dovranno subire questa politica criminale?