Il fallimento dell’offensiva curdo-americana a Manbij
di Salvo Ardizzone
L’offensiva dei curdi contro Manbij, bastione dell’Isis fra Raqqa e Mosul, cominciata oltre un mese fa con toni trionfalistici e strombazzata dai media internazionali come il colpo decisivo al “califfato”, è ferma da settimane malgrado l’appoggio della Coalizione a guida Usa e le Forze Speciali americane sul campo.
Negli ultimi giorni i Daesh sono addirittura passati all’offensiva, giungendo a catturare il fratello del comandante delle Forze Democratiche Siriane (Fds), la sigla posticcia che copre di fatto i curdi siriani per non infastidire troppo la Turchia. Ormai da tempo i miliziani, sia pure affiancati dalle Special Forces provenienti da diversi Stati occidentali e supportati dai raid aerei, non riescono ad andare oltre la periferia della città.
Al di là delle capacità belliche dei curdi, scarse malgrado la propaganda dei media occidentali, il punto è un altro: l’avanzata delle cosiddette Fds accompagnate da truppe Usa, in distretti a schiacciante maggioranza araba, è vista dalla popolazione come una conquista curda-americana. Del resto, il comportamento dei curdi verso le popolazioni arabe, nei territori recentemente strappati all’Isis sia in Iraq che in Siria, rasenta il più delle volte una pulizia etnica neanche troppo celata.
Dopo la grande paura d’essere spazzati via dalla spallata dell’Isis, adesso, coccolati da Usa ed Occidente perché utili a riportarli in un gioco da cui erano stati estromessi, i curdi vogliono approfittare della situazione allargando quanto più possibile i territori controllati, a scapito degli Stati (Siria ed Iraq) e delle stesse popolazioni arabe che su quelle terre hanno sempre vissuto.
A Manbij si calcola che ci siano circa 200mila persone e, accanto a tantissimi scudi umani presi dai terroristi, sono diversi quelli che temono che l’arrivo dei curdi porti a rappresaglie indiscriminate, deportazione della popolazione araba e perdita di ogni diritto, come già accaduto in svariate altre simili circostanze.
A vincere queste paure fondate, non bastano i volantini lanciati dagli aerei della Coalizione; fino a quando i diritti delle comunità locali non saranno tutelati, non sarà garantita ad esse l’inclusione nell’amministrazione locale, non saranno assicurati, sia pur gradualmente, i servizi essenziali ma continueranno ad essere trattate come nemici, la rabbia e la disperazione di quelle popolazioni travolte da guerre con cui poco o nulla hanno a che vedere, ne faranno alleati, sia pur riluttanti, del Daesh.
È l’ennesimo, paradossale, frutto avvelenato delle trame che hanno destabilizzato un’intera area, e di cui Usa, Paesi del Golfo e Turchia sono i responsabili.
Nel frattempo, malgrado tutti i maneggi e gli accordi sotto banco delle Potenze straniere, la Resistenza continua la sua lotta per liberare Siria ed Iraq. Questo conta.