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Il doppio volto della donna americana

di Cristina Amoroso

La notizia del 26 luglio dell’Huffington Post “Ariel Castro, il mostro di Cleveland,  patteggia la condanna a 1000 anni di carcere” è rimbalzata sui mass media, rinnovando lo sgomento generato dall’autista di 53 anni, che ha tenute segregate e seviziate per anni tre ragazze, nella sua casa degli orrori, dove fu costretta a vivere anche la figlia di sei anni nata dallo stupro su una delle giovani.

Come è possibile negli Stati Uniti, il paese di God & Freedom, una realtà simile?

Ogni 6,2 minuti viene denunciato uno stupro… ma il numero reale probabilmente è cinque volte superiore… Circa  54.401 stupri, effettivi quasi 3 milioni se la stima è attendibile… 19mila aggressioni sessuali nell’esercito statunitense,  sarebbero state registrate nel 2010… 11.766 donne vittime di omicidi domestici dal 2001…. Ogni 9 secondi, negli Usa, una donna è picchiata, ed è la prima causa di ferite tra le donne americane.

Sebbene ci siano stati  notevoli progressi nelle politiche nazionali volte a ridurre la violenza sulle donne, gli omicidi e i reati compiuti contro il sesso femminile sono in costante aumento in tutti i paesi non solo in quelli poveri, ma sempre di più in paesi ad elevato reddito, dove “il capitale è machista”, come ebbe a dire una volta Hugo Chávez, l’ex presidente del Venezuela, recentemente scomparso.

Una questione culturale certamente che vede la donna come donna-strega legata all’animalità, agli impulsi, al primitivo; la medesima rappresentazione medievale che stigmatizzava la sfera sessuale delle donne, repressa fino al secolo scorso. Le streghe furono le prime a praticare il controllo delle nascite e l’aborto, le prime alchimiste; non s’inchinavano davanti ad alcun uomo, erano le sole a sopravvivere alla più antica cultura, quella in cui uomini e donne si dividevano equamente gli incarichi in una società realmente cooperativa, prima che la repressione psicologica, economica, sessuale della società maschilista non avesse il sopravvento, distruggendo la natura e la società umana. Questo spiega, forse, perché nove milioni di loro sono state bruciate vive.

Accanto alla donna-strega-repressa e indebolita su cui si continuano a perpetrare le violenze maschili, nella libera società americana troviamo la donna che due autori, Ann e Barry Ulanov, definiscono come “la donna-strega che scoppia di energia”, alla ricerca spasmodica del significato della vita, individualista, indipendente dagli altri con fini propri da raggiungere, donne in salita carrieristica soprattutto nel campo della finanza dell’industria farmaceutica, dove occupano posti privilegiati.

Molte sono le americane tra le cento donne più potenti del mondo dall’imprenditrice  Melinda Gates, moglie di Bill, fondatore di Microsoft, che proprio nei giorni scorsi è stato nominato da Bloomberg “uomo più ricco del mondo” a Michelle Obama e  Hillary Clinton, a Christine Lagarde, a Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook, a  Janet Napolitano, Segretario della sicurezza nazionale Usa,  Indra Nooyi, Chairman and Chief Executive Officer della PepsiCo, che chiude la top ten.

Ambiziose, capaci, toste al punto da mettere sull’attenti schiere di uomini e comandarli anche in situazioni di massimo pericolo. Donne di ferro negli Usa ce ne sono state, in più di una amministrazione: i casi dei segretari di Stato Madeleine Korbel Albright, Condoleezza Rice e Hillary Clinton ne sono la dimostrazione. Arrivato al suo secondo mandato, il presidente Barack Obama ha infranto un altro tabù: ha nominato una donna, Julia Pierson, a capo del delicato Secret service, che vigila sulla sicurezza dell’inquilino della Casa Bianca.

Accanto a queste donne importanti e di ferro si sta imponendo uno stuolo di donne nei laboratori del dominio o think tank, che, finanziati dalle multinazionali, orientano politici e imprenditori nella direzione più consona agli interessi dei loro finanziatori, che guarda caso appartengono tutti all’ala conservatrice del partito repubblicano.

Sono donne giovani e meno giovani, agguerrite nel loro ruolo in difesa di quelli che ritengono i principi fondamentali del loro paese, all’insegna di Save America, sono indirizzate e guidate da personaggi come Sarah Palin, ex governatore dell’Alaska dall’agenda politica molto controversa, accusata di fomentare comportamenti violenti per un semplice tornaconto elettorale, Pamela Geller, la velenosa blogger newyorkese che combatte la sua battaglia nelle “sue ciabattine pelose”, la cui notorietà è legata alla campagna di cui è stata una dei leader contro la “moschea di Ground Zero”.

Che Dio salvi noi da queste virago, modello per le nostre Daniela Santanché e Souad Sbai!

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