Il capitalismo divino: come il capitalismo in crisi si tinge di virtù teologali
Che il capitalismo occidentale sia in crisi è ampiamente dimostrato dai diversi modelli usati dagli economisti per spiegare il fenomeno, imputabile a fragilità umana oppure al fallimento delle istituzioni o alla fede mal riposta sull’efficienza del mercato, ma anche a origini culturali oppure al rischio sistemico dovuto alle contraddizioni interne dell’accumulazione capitalistica, all’avidità dei finanzieri o alla “trappola della stagnazione-finanziarizzazione”, come spiega John Bellamy Foster nel suo ultimo libro The Endless Crisis (La crisi infinita), scritto con Robert McChesney.
La crisi di oggi è certamente la crisi dell’Età del capitalismo finanziario, nata con la liberalizzazione dei movimenti di capitali e l’ascesa della finanza, ossia quell’enorme espansione del capitalismo finanziario, favorita dalla deregolamentazione dei movimenti internazionali dei capitali che si iniziò negli anni Ottanta con la Thatcher e Reagan e che portò, nel 1999, all’abolizione della legge bancaria del 1933, nota come Glass-Steagall Act, da parte dell’amministrazione Clinton.
Per comprendere l’attuale crisi del capitalismo occidentale, può essere utile e prezioso anche un libro, come “Il film della crisi. La mutazione del capitalismo” (Einaudi, 2012), di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini. La tesi centrale di questo libro è che la crisi in cui sono immersi i Paesi occidentali nasce dalla rottura di un compromesso storico tra capitalismo e democrazia, realizzatasi attraverso la liberazione dei movimenti di capitale che ha permesso di scatenare una vera e propria controffensiva capitalistica sferrata dalla “élite del potere” statunitense allo scopo di porre rimedio al declino dell’economia americana. Una controffensiva che segna la fine dell’Età dell’Oro (espressione che Ruffolo e Sylos Labini riprendono dallo storico Eric Hobswam e che designa il periodo compreso tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e gli anni Settanta) e l’avvio di una nuova fase storica, che Ruffolo e Sylos Labini denominano l’Età del Capitalismo Finanziario e che potrebbe portare ad una nuova Età dei Torbidi (la prima essendo il periodo compreso tra l’inizio del Novecento e la Seconda Guerra Mondiale).
Se, secondo gli autori de “Il film della crisi…”, il capitalismo nelle sue mutazioni potrebbe riproporci una nuova Età dei Torbidi, dopo quella del Capitalismo finanziario, se altre analisi della crisi prediligono un “film geopolitico”, alla luce della “rete di potere” degli Stati Uniti (organizzazioni internazionali, centri di potere subdominanti, particolari relazioni tra Usa e Israele, tra Usa e le petromonarchie del Golfo…), in questa sede si vuole accennare ad un aspetto del capitalismo multiforme, “Il capitalismo divino”, sviluppatosi negli Usa nella seconda metà del secolo scorso e propagatosi conseguentemente anche in Italia.
Chi non ha sentito parlare di Amway? L’impero delle saponette che nel mese di maggio 2013, in un paese al collasso economico come l’Italia, ha fatto registrare un record assoluto di fatturato: +15% rispetto a maggio 2012!!! Sono stati evasi più di 22.000 ordini e consegnati complessivamente più di 380.000 prodotti! Amway, l’impero del Detergente Multiuso, che per la prima volta, è in cima all’elenco delle cento migliori aziende di vendita diretta di Direct Selling News. Con un fatturato di 11.3 miliardi di dollari nel 2012, Amway ha sorpassato Avon, che è scesa al secondo posto con 10,7 miliardi dollari. E’ la prima volta che accade, e le premesse ci sono tutte perché nel 2013 questo risultato venga ulteriormente migliorato.
Amway è il più grande sistema piramidale del mondo, e vanta tre milioni di venditori sparsi in vari paesi, nonché un’intera isola privata nei Caraibi, la Peter Island.
La vendita dei prodotti Amway non appare, secondo molte analisi, un grandissimo affare per chi vi s’impegna. Intanto, c’è un vero e proprio abisso nei guadagni tra la base e il vertice dell’organizzazione. Per un ristretto numero di “re dei venditori”, che arrivano a guadagnare miliardi al top della struttura, ci sono migliaia e migliaia di incaricati che neanche coprono le spese.
Eppure Amway è riuscita a diventare una potenza mondiale. Infatti, alla mancanza di particolari attrattive concrete, Amway supplisce con l’ideologia del sogno avvolta nel manto dell’evangelismo. Un’ideologia che è implicita nel nome stesso, Amway, la “via americana”, the American Way,che si può riassumere in un unico concetto: ogni uomo può realizzare il proprio sogno e se fallisce è solo colpa sua. Per riuscire a essere un individuo libero, cioè economicamente ricco, si deve condividere totalmente l’etica del sistema e obbedire sempre a chi è più ricco di te.
“Essere un capitalista è la realizzazione della volontà di Dio” affermava Richard DeVos Sr, uno dei fondatori di Amway, dove ogni dicembre si svolgono riunioni dedicate a leggere la Bibbia ai 5.000 dipendenti. Amway è uno straordinario simbolo della fusione dei quattro pilastri dell’americanismo: l’azienda totalitaria, lo spettacolo, la religione e il patriottismo imperiale.
Il capitalismo svela il proprio volto in maniera assolutamente spudorata: si può comprare tutto, anche l’eternità. Chi non vi riesce rientra nella categoria tradizionale americana del fallito, the failure.“Se non ti piace quello che guadagni, guardati allo specchio”. All’interno dell’azienda, i diritti non devono esistere. L’adepto deve vendere la propria anima all’organizzazione in cambio di un sogno, nello spirito evangelico dei militanti strettamente legati alla destra economica, politica e militare degli Stati Uniti che sostengono a volte di parlare direttamente con Dio.
Con queste premesse non fa meraviglia che la multinazionale sia diventata una lobby fortissima se il fondatore di Amway, Richard De Vos Sr è stato addirittura responsabile delle finanze di tutto il partito repubblicano; se Betsy DeVos, la nuora del fondatore, è la tesoriera dell’Acton Institute, il potentissimo think tank americano; se Ronald Reagan, George Bush padre, il suo vicepresidente Dan Quayle e importanti esponenti repubblicani come Jack Kemp e Oliver North (noto per la triangolazione di armi e di droga a sostegno del terrorismo di destra in Nicaragua) hanno tutti parlato ai convegni di Amway. E inoltre Tom DeLay, capogruppo del partito repubblicano alla Camera, che sostiene pubblicamente il “piano di pace Elon” per la deportazione dei nativi palestinesi dalla loro terra, è un ex-venditore di prodotti Amway, come pure non meno di cinque deputati del Partito Repubblicano – Sue Myrick, Jon Christensen, Dick Chrysler, John Ensign e Richard Rombo – sono attualmente distributori di Amway.
Con queste premesse non fa ugualmente meraviglia che migliaia e migliaia di operatori di Amway mostrano una fede cieca nell’azienda, mantengono viva la speranza in un futuro sempre migliore e praticano la carità attraverso i grossi finanziamenti destinati al partito repubblicano americano in cambio di favori e notevoli esenzioni fiscali. Il capitalismo virtuoso è diventato teologia con l’impero delle saponette!