Il bullismo americano prova ad attaccare la politica russa in Crimea
Quando martedì scorso il parlamento della Crimea ha adottato una dichiarazione di indipendenza dall’Ucraina, necessaria per la votazione sull’unione alla vicina Russia, programmata per il 16 marzo, devono essere saltati i nervi ad Obama e ai suoi sostenitori antirussi: Daniel Fried, il coordinatore del Dipartimento di Stato per le sanzioni, Victoria Nuland J., l’assistente segretario di Stato per la regione, così come l’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, Geoffrey R. Pyatt.
Mentre il Ministero degli Esteri russo accoglieva con favore la dichiarazione di indipendenza della Crimea dall’Ucraina, descrivendola come una misura “assolutamente legittima”, il bullismo statunitense si deve essere chiesto dove era andata a finire la parola “amica”di un Mikhail Gorbachev, indispensabile nel porre fine alla Guerra Fredda. E quella di un Boris Eltsin, che aveva accelerato e ampliato il concetto “di amicizia” rimuovendo truppe russe dagli Stati baltici, collaborando con gli Stati Uniti e l’Unione europea nel portare la pace nei Balcani, raggiungendo un modus vivendi con la Nato, che pur aveva ammesso nuovi membri del defunto Patto di Varsavia e resti dell’Urss.
Che cosa pretende ora Putin, il successore di Eltsin, che ha visto il suo ruolo non come la costruzione sull’eredità Gorbaciov e Eltsin, ma che in alcuni aspetti importanti, ha ripudiato e invertito la tendenza e che ora vuole annettersi addirittura la Crimea intralciando la “democrazia” americana in Europa, costruita con tanto “garbo” in Ucraina con le Ong infiltrate, i cecchini e il Fmi?
Il governo degli Stati Uniti non può accettare questo ed è deciso a paralizzare l’economia della Russia in rappresaglia al piano di Mosca di annettere la Crimea dopo il suo distacco dall’Ucraina, afferma un rapporto del New York Times. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama e la sua squadra economica stanno discutendo opzioni su come danneggiare l’economia della Russia.
E’ certo che le sanzioni americane non fanno bene all’economia interna e quelle del piano di Obama contro la Russia preoccupano grandi aziende americane che si vedrebbero soffiare affari importanti dai concorrenti.
“Se effettivamente i Russi annettono, se il tricolore russo va avanti, questo è un altro paio di maniche completamente nuovo”, afferma Strobe Talbott, un esperto di affari russi, presidente della Brookings Institution e presidente degli Affari Esteri del Consiglio d’Amministrazione del Dipartimento di Stato. Secondo Strobe Talbott, le azioni di Putin potrebbero compromettere l’integrità territoriale della Russia stessa.
Anche Michael McFaul, un altro esperto di affari russi, che fino a poco tempo fa era ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, lo scorso mese ha posto una domanda retorica: “Sarà in grado il Cremlino di consentire alle regioni etnicamente non russe della Federazione Russa – diciamo, aree a maggioranza musulmana culturalmente come la Cecenia, Inguscezia e Daghestan – a fare un referendum sulla secessione? La risposta, naturalmente, è “niet”.
Al di là di tanti esperti di affari russi filoamericani che desiderano una destabilizzazione della Russia e auspicano nella Cina un probabile nemico della Russia non degli Usa; al di là di chi vede in Putin un aggressore dell’Occidente, resta il fatto che la Russia sia stata coinvolta in una situazione di stallo con gli Stati Uniti e i suoi alleati sul territorio autonomo dell’Ucraina di Crimea, dove una grande maggioranza di etnia russa risiede e dove la Russia ha una base navale.
Resta il fatto che Washington ha imposto restrizioni sui visti per i russi, emesso sanzioni sulle persone che essa afferma siano state coinvolte nell’intervento militare russo in Ucraina, ed ha condannato il referendum proposto in Crimea di staccarsi dall’Ucraina e unirsi alla Russia. Inoltre, a coda degli Usa, l’Unione europea ha sospeso i visti e gli incontri di investimento con la Russia sulla stessa questione e le sanzioni minacciate, se non viene fatto alcun progresso diplomatico.