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In Ucraina si lavora per un nuovo disastro nucleare

di Salvo Ardizzone

L’irresponsabilità (e gli interessi) del gruppo dirigente ucraino e la cinica avidità dell’Occidente, stanno costruendo tutti i presupposti per un nuovo disastro nucleare, peggiore di quello dell’86 a Chernobyl.

La dipendenza energetica ucraina dalla Russia non è limitata al gas; anche se non se ne parla molto, ad oggi il 40% del suo mix energetico proviene dalle centrali nucleari; si tratta di impianti costruiti dalla Russia (e prima dall’Urss) che fino a quando i rapporti non si sono deteriorati forniva il combustibile già arricchito e provvedeva allo stoccaggio di quello ormai esausto. Un business enorme su cui l’Occidente vuol mettere le mani scalzando Mosca, come testimoniato da un report pubblicato da Wikileaks.

Parte integrante di questa operazione è il sito di Chernobyl, che l’establishment di Kiev, insieme a diversi Governi ed aziende occidentali, stanno vedendo come una colossale occasione d’arricchimento invece che un problema enorme, a tutt’oggi irrisolto dopo trent’anni.

Il business, che definire opaco è poco, procede su tre fronti: la costruzione di nuove centrali, la fornitura di carburante già arricchito e lo stoccaggio delle scorie esauste, divenuto il problema dei problemi visti i tanti impianti in giro per il mondo ormai obsoleti e in fase di smantellamento, che non sanno che fare del materiale radioattivo.

Ma per procedere al meglio, occorreva un quadro normativo “amico”; detto fatto, gli indirizzi di politica energetica della Ue hanno prescritto la diversificazione dell’approvvigionamento del combustibile delle centrali nucleari presenti nei Paesi associati o associabili. Una direttiva tecnicamente assai discutibile (perché le diverse tecnologie sono difficilmente compatibili) e nei fatti diretta a scalzare Mosca, che spalanca un mercato enorme alle aziende occidentali.

In tutti i reattori dei Paesi dell’Est, di progettazione sovietica e dopo russa, implica la sostituzione, o quanto meno la miscelazione del carburante attualmente fornito dalla società russa Tvel con surrogati occidentali che, si badi, dovrebbero essere compatibili con i reattori russi. Cosa nei contratti sempre affermata ma, nei fatti, all’origine di una catena d’incidenti, l’ultimo noto avvenuto in questo aprile presso la centrale ucraina di Zaporozhe, la più grande d’Europa per produzione d’energia, dove il carburante fornito dal colosso nippo-americano Westing House è stato all’origine di molte altre emergenze e malfunzionamenti degli impianti (ovviamente tutti gli incidenti, malgrado rilevati dagli strumenti di mezza Europa, sono stati prontamente messi a tacere dalle autorità, con tanto di smentita della ditta fornitrice).

E sempre per diversificare le forniture, durante il viaggio compiuto a Washington poco prima delle dimissioni di Yatsenijuk, Poroshenko ha firmato un accordo per l’acquisto di uranio australiano che, secondo indiscrezioni, sarebbe ancora la Westing House ad arricchire. Ma non è tutto: sottovoce si parla di un progetto per il riprocessamento delle scorie, finalizzato a recuperare il plutonio che, secondo analisti, sarebbe un primo passo per la conversione dal nucleare civile a quello militare; un progetto da realizzare a Chernobyl.

Ma oltre alle forniture, come detto, c’è l’enorme affare dello stoccaggio delle scorie nucleari, e qui rientra ancora in gioco l’area di Chernobyl. Proprio nella “zona di esclusione” nel 2014 sono iniziati i lavori di costruzione di un sito di stoccaggio, che verrà ultimato entro il 2017 su un’area di circa 12 ettari, destinato ad ospitare (almeno sulla carta) i rifiuti radioattivi provenienti dalle centrali ucraine; a fornire la tecnologia sarà la statunitense Holtec International. La spesa, 50 ml di $, è un’inezia dinanzi al business che potrebbe esserci dietro.

Non a caso, esperti come il Prof. Oleg Barabanov descrivono Chernobyl come il futuro cimitero di scorie nucleari di mezza Europa (e non solo), tant’è vero che negli ultimi tempi proprio in quell’area si è verificata un’impennata di “donazioni” e progetti stranieri. E d’altronde, è ancora in quell’area che la Nato, dal 2013, si occupa dello stoccaggio nella “zona di esclusione” dei materiali radioattivi rimossi dalle installazioni militari ucraine.

Insomma, s’intende fare di Chernobyl la colossale pattumiera del nucleare.

Ma è tutto il comparto considerato un’enorme fonte di guadagno: la Ue, normalmente così tirata nei bilanci per l’arcigno controllo di Berlino, ha stanziato miliardi di euro per prolungare la vita dei reattori ucraini e, vedi caso, sono società tedesche ad occuparsene. D’altronde Kiev, con la motivazione ufficiale di ridurre la dipendenza da Mosca, prevede di raddoppiare la propria produzione di energia nucleare entro il 2035, e non va per il sottile sui fornitori, purché provengano da quell’Occidente che ha fomentato e pilotato il colpo di stato di Euromajdan.

Malgrado i disastri compiuti dalla francese Areva (che allora si chiamava Framatome) quando fu chiamata a mettere in sicurezza il reattore di Chernobyl (il sarcofago in cemento armato sulla struttura è collassato compromettendone la funzione; nei fusti delle scorie radioattive è stata riscontrata acqua, impedendo lo stoccaggio e rendendo inevitabile la corrosione dei contenitori; etc.) Poroshenko ha recentemente concluso con lei ulteriori contratti.

Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma la sostanza non cambierebbe: in breve, con la motivazione di tagliar fuori la Russia e rendere l’Ucraina autosufficiente, si sta prolungano la vita di centrali obsolete senza averne la tecnologia (che è russa); si sta progettando di costruirne ancora, mentre nel resto del mondo si chiudono; si stanno alimentando con combustibili non compatibili con i reattori, causando una sequela di incidenti; si sta progettando di rendere l’Ucraina la pattumiera nucleare del mondo. Il tutto con i soldi della Ue e di un Paese che è sull’orlo del collasso, per assicurare profitti colossali alle aziende del settore occidentali; lasciamo all’immaginazione di chi legge quali siano gli interessi d’un Governo ucraino pilotato da oligarchi.

Questa è la vantata democrazia di Euromajdan, queste sono le alte motivazioni di un Occidente che dice di sostenere la libertà ucraina.

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