I retroscena dell’attacco dell’Ue all’Italia
Lo scontro sempre più aspro fra Bruxelles e Renzi nasconde motivi assai più seri di quanto non appaia sui media e nelle dichiarazioni polemiche che vengono scambiate. Non si spiegherebbero altrimenti il crescendo quotidiano di attacchi da parte dei vertici della Ue, ed il silenzio glaciale di tutte le altre Cancellerie europee.
Dietro l’improvvisa insofferenza verso i modi “informali” del Premier italiano, e ancor di più la dichiarata mancanza di un interlocutore serio sui tempi più scottanti, c’è assai di più: c’è lo scontro fra fortissimi interessi divergenti.
Al di là delle dichiarazioni di facciata, Renzi sa bene d’essere con le spalle al muro: con l’economia che non si riprende (e come potrebbe?!) e l’Europa che blocca ogni iniziativa concreta, è cosciente di non poter durare ancora a lungo raccontando le favole ad elettori sempre più delusi.
La lista delle rimostranze con Bruxelles è lunga: l’Europa s’è disinteressata totalmente dei migranti quando il problema era dell’Italia, salvo svegliarsi quando la questione ha toccato nel vivo la Germania ed i Paesi che le orbitano attorno, come l’Austria e la Repubblica Ceca. E la soluzione del problema suona come una beffa impossibile da sostenere: pagare la Turchia per frenare i profughi, ma con i soldi di chi, come l’Italia, aveva chiesto d’essere aiutato.
Inoltre, e diremmo soprattutto, c’è il problema delle banche: Germania, Francia e Spagna le hanno salvate con centinaia di miliardi di aiuti di Stato (solo la Germania ne ha messi in campo 250); adesso la Commissione Ue si oppone alla soluzione proposta dall’Italia per liberare le sue banche dai crediti deteriorati (fra sofferenze e incagli circa 350 Mld) che impediscono di dare credito all’economia (bloccando di fatto la ripresa), e vorrebbe imporre una soluzione che aprirebbe un buco mostruoso quanto irragionevole nei loro bilanci.
E ancora, c’è la questione poco pubblicizzata dei dazi sulle merci cinesi, che i Paesi del nord Europa vorrebbero abbattere, creando un danno enorme alle piccole imprese italiane.
I dossier controversi sono tanti, ma quello che è più pericoloso per Renzi è il Fiscal Compact; da quell’accordo può dipendere sua la sopravvivenza politica: il Premier sa che il 2016 in qualche modo passerà, ma nel 2017, per evitare che scattino gli aumenti di tasse già previsti, dovrà racimolare dai 25 ai 30 Mld e scordarsi i tagli di tasse già annunciati. Imporre nuovi balzelli con un’economia che stagna, e con tutte le promesse fatte di abbassare la pressione fiscale, sarebbe il suo suicidio politico in un anno vicino alle elezioni.
Per questo ha iniziato le manovre per chiedere di allentare i vincoli del Fiscal Compact. E qui ha toccato un nervo scoperto nei piani alti della Ue. La Germania e i Paesi del Nord criticano sempre più aspramente quell’accordo per motivi esattamente opposti: fra eccezioni a chi non si può fare a meno di farne (vedi la Francia) e pseudo flessibilità, lo ritengono sempre più inadeguato a garantirli in un mondo sempre più caotico.
Di qui la messa in mora della Commissione da parte dell’azionista di riferimento della Ue, ossia di Berlino e delle altre Capitali che le stanno dietro. Per gli euro burocrati il pericolo enorme è che si sfasci tutto in breve tempo, lasciandoli privi di potere e privilegi.
La strategia per evitarlo, dettata subito dopo lo scontro al summit del dicembre scorso, è semplice quanto collaudata: dopo una serie di consultazioni con le varie Cancellerie europee (con la Germania dietro a darle peso) è partita l’offensiva dei vertici della Ue, che ha lasciato l’Italia isolata. Gli attacchi, oltre ad essere rivolti al Premier, mirano a delegittimare l’intero Governo ed a minare la tenuta del Sistema Italia. Alle spalle, più che mai pronta in questi momenti di grave turbolenza finanziaria, c’è la speculazione internazionale in attesa di una vittima da mettere nel mirino.
E a un Paese sotto attacco, con il famigerato spread che risale, i conti che rischiano d’andare a gambe all’aria, e soprattutto senza una leadership forte con le idee chiare, non resta che tornare con il cappello in mano da una Bruxelles arcigna che le detterà i suoi diktat. Magari con l’ennesimo Governo tecnico messo su per l’emergenza, a far digerire ciò che è indigeribile.
È la ricetta già usata con Monti, e poi reiterata più pesantemente ad Atene: colpirne uno per ammonire gli altri (e salvare i privilegi degli euro burocrati insieme al potere di Berlino).
È un fatto che nei momenti peggiori, a reggere le sorti del Paese ci siano solo guitti della peggiore specie: allora Berlusconi adesso Renzi. No, non è una maledizione, purtroppo l’Italia è questa.