I prigionieri palestinesi sospendono lo sciopero della fame
Dopo ben 63 giorni, i detenuti palestinesi in sciopero della fame hanno sospeso la loro protesta. Il governo di Tel Aviv, sfruttando la mancanza di informazioni provenienti dai detenuti, ha tentato di fare passare la sospensione della protesta come una vittoria della politica attuata da Israele. La realtà è ben diversa. Secondo quanto dichiarato in questi giorni dall’avvocato dei prigionieri Abu Snena, i detenuti hanno raggiunto e firmato un accordo con le autorità carcerarie israeliane riguardo a diversi elementi, in particolare il blocco dell’estensione illimitata del tempo di detenzione, che non potrà superare un anno, e l’obbligo di presentare il capo d’imputazione in tribunale e non attraverso un file segreto, come è avvenuto fino ad oggi.
Un altro motivo che ha portato alla sospensione della protesta è il sopraggiungere del Ramadan. Quello cominciato nel mese di aprile è il più lungo sciopero della fame messo in atto dai detenuti palestinesi, in segno di protesta contro l’abuso della pratica della detenzione amministrativa da parte delle autorità israeliane. Per scongiurare il rischio di nuovi scioperi, il governo di Tel Aviv sta varando una legge che prevede l’alimentazione forzata dei detenuti, nonostante ciò leda profondamente la dignità dei prigionieri, come hanno ribadito diverse associazioni per i diritti umani.
Sulla sospensione dello sciopero da parte dei detenuti ha influito anche e pesantemente la situazione che si è creata in Palestina da circa due settimane, da quando cioè sono scomparsi tre coloni israeliani e ciò ha portato all’arresto di centinaia di palestinesi, proprio in regime di “detenzione amministrativa”, che, assurdamente, è ciò che la protesta degli “stomaci vuoti” tendeva a scongiurare. In Israele, l’opposizione ha accusato il governo di Benjamin Netanyahu di mettere a rischio la vita dei tre giovani. Netanyahu ha risposto all’accusa cercando di far passare come un brillante risultato della politica di governo la sospensione della protesta dei detenuti.
In una nota diffusa dal movimento dei prigionieri si legge: “Nel bel mezzo degli eventi in corso che vedono l’inasprirsi dell’aggressione al nostro popolo, dopo diversi incontri con le autorità carcerarie, abbiamo deciso di sospendere il nostro sciopero e di avere pietà delle nostre famiglie dopo 63 giorni”. Nel documento si legge anche che i dettagli dell’accordo raggiunto saranno resi noti solo quando i detenuti che hanno aderito allo sciopero della fame e sono stati ricoverati per il peggioramento delle proprie condizioni saranno dimessi dall’ospedale.
L’analista politico Mohammed Hijiazi ha dichiarato che “le concessioni di Israele alle richieste dei detenuti rappresentano una vittoria”, in particolare per ciò che concerne la limitazione del periodo di detenzione. “La politica di detenzione amministrativa è sistematica. Dopo ogni operazione, Israele detiene centinaia di giovani. Lo sciopero non ha potuto evitare l’applicazione di questa politica, ma è riuscito a mitigarne gli effetti” ha aggiunto evidenziando una correlazione tra il presunto rapimento dei tre coloni e la sospensione della protesta da parte dei prigionieri.