Il libro di Noam Chomsky, “I padroni dell’Umanità“, in 264 pagine raccoglie quaranta anni di lotte e di pensiero del più importante intellettuale vivente che con rigorosa analisi porta sul banco degli imputati le idee che per decenni hanno giustificato lo sfruttamento capitalistico e le guerre, dal Vietnam al Nicaragua, dal Centro America alla Serbia e all’Iraq.
“I centri corporativi delle società industriali avanzate vogliono farsi ricordare come i padroni dell’umanità. Il termine è preso in prestito da una frase di Adam Smith: “La vile massima dei padroni dell’umanità: tutto per noi, niente per gli altri”. È esattamente la proprietà istituzionale delle società capitaliste”.
Principali accusati restano gli Stati Uniti: un’economia ufficialmente liberista ma in realtà sovvenzionata dallo Stato, una visione “messianica” del proprio ruolo nel mondo, una società dominata dalle multinazionali, la manipolazione dell’opinione pubblica per costruire un “consenso senza consenso” e piegare le masse “stupide” alla volontà di pochi “illuminati”, la deroga al principio di universalità che vorrebbe regole uguali per tutti nel diritto internazionale, l’indifferenza e anzi l’occultamento della catastrofe ambientale. Sono questi per Noam Chomsky gli elementi fondanti di un potere non solo statunitense ma globale, che agisce per assoggettare i popoli e fare gli interessi di pochi, con il consenso e il belletto intellettuale fornito dalle tecno-intellighenzie di turno.
Noam Chomsky, “Il demolitore di verità accettate”
“Il demolitore di verità accettate” – come Noam Chomsky è definito dal New York Times – mette in guardia dai rischi che dobbiamo maggiormente temere: “Ci sono due ombre scure che incombono su ogni considerazione riguardo al futuro: la catastrofe ambientale e la guerra nucleare. La prima è già tristemente una realtà; l’altra è un rischio sempre presente che non accenna a dissolversi, è quasi un miracolo che siamo scappati a un disastro nucleare non così tanto tempo fa. Pessimismo e ottimismo sono questioni soggettive, non sono importanti: qualunque sia il proprio stato d’animo, le azioni da intraprendere sono essenzialmente le stesse”.
Ormai il controllo del governo si concentra unicamente al vertice della scala dei redditi, mentre la stragrande maggioranza di coloro che stanno “in basso” è stata di fatto privata di ogni diritto. L’attuale sistema politico-economico è una sorta di plutocrazia che si discosta molto dalla democrazia, se con tale termine intendiamo una forma di organizzazione politica in cui le scelte politiche sono sensibilmente influenzate dalla volontà pubblica. Da anni è in corso un serio dibattito sulla compatibilità di principio tra capitalismo e democrazia. Se parliamo della democrazia del capitalismo reale è facile rispondere alla domanda: sono del tutto incompatibili.
Sono queste le parole di una delle voci più autorevoli del nostro tempo, un eroe radicale, grande linguista, che a partire dagli anni Settanta, ha scelto seriamente la strada del pensiero e dell’attivismo politico che lo ha portato oggi a essere l’interlocutore privilegiato nei dialoghi sui problemi di ordine mondiale. Una fonte dalla quale non si può fare a meno di attingere.
di Cristina Amoroso