“I have a dream” è oggi il sogno della guerra
“I have a dream” diceva quel 28 Agosto 1963 Martin Luther King. Un discorso destinato a rimbombare in ogni angolo della terra, pesando come un macigno nei cuori di coloro che credevano realmente in un mondo lontanamente diverso da quelle prospettive. “Io sogno che i miei quattro bambini, un giorno possano vivere in una nazione in cui non verranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per la sostanza del loro carattere”, un discorso ricordato nella cerimonia di celebrazione al Lincoln Memorial di Washington, dal primo presidente afro-americano della storia del Paese, Barack Obama. Lo stesso che ha ricoperto le prime pagine dei più importanti quotidiani e telegiornali di tutto il mondo riguardo la decisione, tanto sostenuta dai media Usa e non solo, di intervenire in Siria per “ristabilire la pace” a suon di bombe.
D’altronde il “diritto alla felicità” a cui inneggiava la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti D’America, sembrerebbe non essere tenuto in conto quando si parla di troppi Paesi come l’Iraq, la Libia ed oggi la Siria, Paesi in cui l’interesse strategico occidentale vuole avere la meglio anche sulle vite di troppa gente innocente. Il messaggio deve essere uno solo, ovvero quello della “necessità” quasi etica del bombardamento, mentre l’invasione imperialistica finisce per essere camuffata per interventismo umanitario.
Sono passati 55 anni dal sogno di Martin Luther King, ma tanti altri ne sono trascorsi dallo sterminio del popolo indiano in nome della supremazia dell’uomo bianco, emblema fondamentale ma troppo spesso abbandonato nelle ultime pagine dei libri di storia. Una cosa è certa, mentre il mondo sembra stare sulle spine per la tanto attesa decisione di un prossimo bombardamento e attacco diretto, il sogno dell’uomo oggi è sempre quello della guerra.
di Redazione