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I crimini del regime saudita contro donne, bambini e dissidenti

di Cristina Amoroso

Secondo quanto riferito venerdì scorso, gli arresti sono stati effettuati  in Buraidah capoluogo di provincia di Al Qassim, dove le proteste sono iniziate  il 19 ottobre.
Le rimostranze sono state scatenate dal rifiuto delle autorità saudite di permettere alle famiglie dei prigionieri politici di visitare i loro cari in occasione di Eid al-Adha.
Almeno otto donne e 20 bambini, tra cui una di due anni e uno di cinque mesi di età, sono stati arrestati. Anche se alcuni dei prigionieri sono stati in seguito rilasciati, i rapporti affermano che almeno 13 bambini al di sotto dei 14 anni restano in custodia.

Le proteste anti-governative si sono intensificate dal novembre 2011, quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sui manifestanti a Qatif, uccidendo cinque persone e provocando diversi  feriti .
Diverse manifestazioni di protesta hanno anche condannato il maltrattamento e l’abuso praticato dalle forze di sicurezza del regime contro i prigionieri. Nelle carceri saudite sono detenuti più di 30mila prigionieri politici, lo riferisce Press Tv.

L’Arabia Saudita dà libero sfogo alla repressione dal 2009 rendendo disastrosa la situazione dei diritti umani nel Paese. Lo denuncia Amnesty International, che accusa le autorità saudite di torturare gli attivisti e di procedere con arresti arbitrari. Alla vigilia di un incontro convocato dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, il direttore di Amnesty per i Paesi Mena Philip Luther ha dichiarato che “le precedenti promesse dell’Arabia Saudita all’Onu si sono rivelate fasulle”. Luther ha quindi accusato Riad di farsi forza del suo “peso politico ed economico come deterrente per evitare le critiche della comunità internazionale sui diritti umani”.

Nel rapporto “Arabia Saudita: promesse non mantenute”, Amnesty critica il Regno. “Non solo le autorità non hanno agito, ma hanno continuato la repressione”, aggiunge Luther. “Per tutti gli attivisti pacifici arrestati in modo arbitrario, torturati e detenuti in Arabia Saudita, la comunità internazionale ha il dovere di chiedere conto alle autorità” di Riad, ha detto il funzionario di Amnesty. L’organizzazione ha quindi rinnovato a Riad la richiesta di rilasciare due illustri attivisti per i diritti umani arrestati a marzo. Si tratta di Mohammed al-Gahtani e Abdullah al-Hamed, condannati rispettivamente a 11 e 10 anni di carcere per aver violato la legge usando Twitter per denunciare vari aspetti della vita politica e sociale nel Regno. I due hanno fondato l’Associazione saudita per i diritti civili e politici. “Sono prigionieri di coscienza che vanno liberati immediatamente e senza condizioni”, ha chiesto Luther. “Il loro attivismo contro le violazioni dei diritti umani merita lode, non punizione. L’unico colpevole qui è il governo”, ha aggiunto.

Amnesty ha quindi documentato una “discriminazione sistematica delle donne nella legge e nella pratica” da parte delle autorità saudite, che commettono anche “abusi nei confronti dei lavoratori immigrati”. Riad viene anche accusata di “discriminazioni delle minoranze”, come gli sciiti che vivono per lo più nella provincia orientale. Infine, Amnesty contesta al Regno saudita le “esecuzioni basate su processi sommari e “confessioni” estorte sotto tortura”.

 

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