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Hezbollah: ripristinare la deterrenza

Con la fine della recente guerra israeliana in Libano, Hezbollah ha avviato il processo di ricostruzione della propria deterrenza, danneggiata dalla prolungata battaglia e dal logoramento militare e di sicurezza. Questo processo, che richiede un’ampia riabilitazione a livello politico e militare, ha iniziato a prendere forma nel recente discorso del Segretario Generale di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, e nella gestione da parte del partito degli sviluppi interni ed esterni, in particolare nella decisione ministeriale adottata dal governo di Nawaf Salam di limitare il possesso di armi allo Stato.

La deterrenza non è uno stato statico, ma piuttosto relativo e dinamico, che si costruisce e si ripristina in base alle sfide e alle variabili. Le esperienze della Resistenza hanno dimostrato che il ripristino della deterrenza dopo una guerra su larga scala prevede tre fasi: in primo luogo, ristabilire la presenza e il prestigio attraverso il discorso politico e mediatico; in secondo luogo, ricostruire i quadri politici e militari e colmare le lacune lasciate dalla guerra e dagli assassinii; e in terzo luogo, riposizionare l’opinione pubblica e rafforzare la fermezza come parte di una strategia di deterrenza globale.

L’inizio del ripristino della deterrenza

In questo contesto, il recente discorso dello sceicco Naim Qassem sembra essere un indicatore decisivo dell’inizio della prima fase di ripristino della deterrenza. Ha affermato chiaramente che “è nell’interesse di Israele non ricorrere a un’aggressione su larga scala, perché la Resistenza, l’esercito e il popolo si difenderanno. I razzi cadranno all’interno dell’entità e tutta la sicurezza costruita in otto mesi crollerà in una sola ora”. Questa affermazione non è semplicemente una posizione difensiva; è una dichiarazione della completa disponibilità della Resistenza a rispondere, rimodellando una parte della deterrenza nella coscienza israeliana e libanese.

Ristrutturazione dei quadri

A livello organizzativo, Hezbollah ha effettivamente iniziato a ricostruire i suoi quadri militari e politici, come dimostra la rapida colmatura delle lacune derivanti dalla serie di omicidi commessi contro i suoi leader durante la guerra. L’organizzazione non ha mostrato alcun disordine interno, ma ha mantenuto la sua integrità operativa e mediatica e ha continuato a essere presente sulla scena politica e regionale, a dimostrazione del suo livello di preparazione e della sua pregressa prontezza nell’eventualità di una guerra prolungata.

La terza parte del processo di ripristino della deterrenza è evidente nel suo rapporto con l’opinione pubblica. Hezbollah è consapevole che la deterrenza non si basa solo sulle armi, ma anche sulla fermezza popolare. Pertanto, il suo focus nel discorso pubblico si è chiaramente concentrato sul dualismo di “pazienza e vittoria”, come affermato nella dichiarazione del partito in merito alla decisione del governo di Nawaf Salam. La dichiarazione ha descritto la decisione del governo come un “peccato” e l’ha considerata un’attuazione dei dettami americani e di quelli di anonimi partiti regionali (Arabia Saudita) che servono gli interessi di Israele e mirano a colpire ciò che Tel Aviv non è riuscita a ottenere nella battaglia. Con un’espressione estremamente accurata, il partito ha affermato che avrebbe “trattato la decisione come se non esistesse”, una posizione politica equivalente nel suo impatto al lancio di una posizione militare deterrente.

Il ripristino della deterrenza richiede anche una risoluzione politica che protegga le armi di Hezbollah

La dichiarazione stessa conteneva riferimenti al desiderio di dialogo, ma non nel contesto di un’aggressione. Secondo il partito, la Resistenza è aperta a discutere la strategia di sicurezza nazionale, ma in un quadro che garantisca la piena sovranità del Libano e si basi sulla dichiarazione ministeriale, non su dettami esterni. Ciò conferma che il ripristino della deterrenza richiede anche una risoluzione politica interna che protegga le armi della Resistenza e ne garantisca la continua presenza nell’equazione nazionale.

Da qui, si può affermare che Hezbollah abbia gradualmente avviato il processo di ripristino della deterrenza dopo la guerra. Questo ripristino avviene a diversi livelli: il discorso politico rivolto al pubblico nazionale e straniero, il ripristino dei quadri dirigenziali e delle infrastrutture della Resistenza, e l’enfasi sul ruolo del pubblico come parte del sistema di deterrenza. Tutto ciò avviene in un contesto regionale complesso, intrecciato con le pressioni americane e israeliane e i tentativi di ridisegnare le equazioni libanesi.

Hezbollah trasforma i tentativi di indebolimento in opportunità

Ma Hezbollah, come al solito, sta gestendo questa fase con una logica di logoramento inverso, ovvero sta trasformando i tentativi di indebolimento in opportunità per costruire ulteriore resilienza. Sul campo, le forze della Resistenza sono state riposizionate, pur sottolineando che il fronte non si è né fermato né ritirato. Politicamente, la Resistenza è tornata alla sua retorica, rifiutando qualsiasi violazione della sovranità e affrontando la tutela e l’intervento straniero.

Mentre il nemico scommetteva sull’esaurimento dei sostenitori della Resistenza o sul crollo della sua struttura di leadership, i risultati del dopoguerra, finora, dimostrano il fallimento di queste scommesse: nessuna disintegrazione organizzativa, nessuna ritirata sul campo. Inoltre, si è assistito a un passaggio a un nuovo livello di deterrenza retorica, che ricorda in modo sorprendente il discorso del martire Sayyed Nasrallah a Majdal Silm, quando stabiliva equazioni contro l’entità occupante. All’epoca affermò che “se la città di Majdal Silm dovesse subire un atto di aggressione o sfollamento del tipo di minacce lanciate da Lahad, la risposta sarebbe stata molto dura. Se le nostre case a Majdal Silm sono destinate a essere distrutte, lo saranno anche tutte le case nel nord della Palestina”.

di Redazione

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