Hezbollah nella black list dei “terroristi”. L’Ue rispetti la clausula di revisione
E’ trascorso esattamente un anno da quando, il 22 luglio 2013, i 28 ministri degli Esteri dell’Ue decisero d’inserire l’ala militare di Hezbollah nella black list delle organizzazioni terroristiche internazionali, con decisione presa all’unanimità.
Non fu certo una bella prova di trasparenza e correttezza da parte dell’Unione europea nell’ambito di stato di diritto.
Il motivo principale per cui l’Unione europea ipocritamente decise di mettere nella black list l’ala militare della resistenza libanese di Hezbollah fu il sostegno del movimento libanese all’esercito siriano, che era riuscito a infliggere pesanti perdite ai terroristi Takfiri in Siria nelle settimane precedenti.
I combattenti di Hezbollah avevano combattuto al fianco delle truppe siriane per liberare vaste aree assediate dai “ribelli”, tra cui la città strategica di Qusayr sul confine libanese, che fu riconquistata il 5 giugno.
Inoltre, dell’attentato in Bulgaria nel luglio 2012 nella località del Mar Nero di Burgas, che lasciò sette morti, tra cui cinque turisti israeliani, Israele identificò immediatamente il mandante nell’Iran e l’esecutore in Hezbollah. “L’Iran è il responsabile dell’attacco in Bulgaria. Al terrore iraniano daremo una forte risposta,” dichiarò Netantyahu.
E di seguito la stampa occidentale collegò le radici dell’attentato di Burgas al caos siriano. L’attentato sul Mar Nero, dunque, avrebbe fatto parte del grande quadro sanguinoso del Medio Oriente di oggi. Il governo di Assad, il migliore alleato dell’Iran nella regione, si stava avvicinando al collasso e coinvolgere nel conflitto Israele, il grande nemico storico che prima delle rivolte – le Primavere – sollevava le masse arabe, sarebbe stata l’ultima spiaggia per un regime morente e i suoi alleati. In questi termini i mass media di allora mostravano la situazione che è andata in ben altro modo.
Dopo l’accusa, il regime israeliano e gli Stati Uniti – riconosciamo i metodi – iniziarono ad esercitare una pressione sull’Ue per elencare Hezbollah come un’organizzazione terroristica, portata avanti in maniera esemplare dal “cane da guardia” britannico.
A dimostrazione dell’ipocrisia e delle pressioni stanno gli ambigui comunicati dei ministri degli Esteri europei, abituati a stringere una mano e togliere con l’altra nella logica dell’obbedienza al potere transatlantico, cosicché approvarono quel provvedimento ignobile che prevede una clausola per una revisione dopo sei mesi dalla decisione, e prevede comunque il mantenimento del dialogo politico con il movimento libanese, allora attivo nella guerra in Siria.
E’ passato un anno, è cambiato il nostro ministro degli Esteri, quello di allora, Emma Bonino, esprimeva il timore di una “over-reaction” di Hezbollah, e di un’ulteriore ”fragilizzazione” della regione, preoccupandosi anche dei rischi per il contingente di 1.100 militari italiani impegnati nell’operazione Unifil.
All’attuale ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, nella sua posizione favorevole nella Ue grazie al semestre italiano di presidenza, vorremmo porre questa domanda:
“Non crede che dopo un anno, come previsto, vada attuata la revisione del provvedimento di inclusione di Hezbollah nella black list dei terroristi, considerato che Hezbollah è una forza di governo, rappresenta più di un milione di libanesi, dispone di un’imponente realtà sociale capace di sostituire del tutto le autorità locali nel sostegno ai bisognosi e soprattutto all’infanzia, ed è riuscita a difendere il Libano dalle diverse aggressioni militari israeliane?