Libano. Hanno perso con il migliore degli eserciti, vogliono vincere con la più vile delle armi
In Libano si rivivono gli incubi e la paura degli anni della guerra civile, quando le giornate venivano scandite dal fragore delle esplosioni. Il Paese dei cedri è ripiombato drammaticamente nel terrore. Sono trascorsi quasi 40 anni, le cause scatenanti sono diverse rispetto quelle che hanno innescato la guerra civile nel lontano 1975, gli scenari regionali sono mutati radicalmente, ma forse, i registi del terrore di allora sono gli stessi di oggi.
L’ultima autobomba ha portato il suo carico di morte e terrore appena due giorni fa ad Haret Hreik, nella periferia meridionale di Beirut. Ancora una volta sono le zone sciite ad essere colpite, ancora una volta sono innocenti a perdere la vita. Autobombe fatte esplodere in zone commerciali, con il chiaro intento di procurare più vittime possibili e portare la violenza nel cuore di una comunità. Nel più vile dei modi vogliono esportare la guerra nella roccaforte della resistenza libanese, vogliono colpire il cuore di Hezbollah.
Gli echi del conflitto siriano si avvertono sempre di più in Libano, soprattutto negli ultimi mesi in cui l’esercito siriano ha riconquistato giorno dopo giorno le postazioni e le città passate in mano ai “ribelli”. Dopo la riconquista della città strategica di Al-Qusayr, sul confine libanese, roccaforte dei miliziani salafiti del Fronte al Nusra – braccio armato di Arabia Saudita e Israele -, un vortice di violenze e rappresaglie si è abbattuto sul vicino Libano. Le pesanti e continue sconfitte incassate dai “ribelli” hanno causato la fuga e il ripiegamento di molti terroristi verso il Paese dei cedri. I piani di quei Paesi capitanati da Arabia Saudita e Israele che volevano “liberare” la Siria di Assad per spezzare l’asse della resistenza che da Teheran giunge fino a Beirut, sembrano oramai fallire giorno dopo giorno.
Il prossimo obiettivo dell’asse israelo-saudita sembra proprio quello di far precipitare il Libano in una nuova guerra civile. Con la violenza e il caos stanno cercando di dividere il Paese per renderlo più vulnerabile. Il loro vero problema è la minaccia rappresentata dal ruolo sempre più dominante e di riferimento che ad Hezbollah viene riconosciuto nella regione. Per i sauditi rappresenta una minaccia per la loro leadership nel mondo musulmano; per Israele rappresenta la minaccia costante ai suoi piani criminali in Medio Oriente e soprattutto alla questione palestinese.
Sempre in merito al ruolo di Hezbollah nella regione, in questi giorni c’è stato l’annuncio ufficiale fatto da un leader salafita giordano che ha promesso di entrate militarmente in Libano. In un messaggio inviato all’United Press International di Amman, il leader del Fronte al Nusra, Abu Mohammed Joulani soprannominato “il Conquistatore” e il leader dell’Emiro dello Stato dell’Iraq e del Levante islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, soprannominato “Karar”, hanno assunto una soluzione globale per entrare militarmente in Libano in risposta alle operazioni militari di Hezbollah in territorio siriano.
In conclusione, i libanesi ma soprattutto gli uomini della resistenza libanese sono pienamente consapevoli che altri massacri seguiranno, altre vite innocenti pagheranno con la morte, ma coloro che hanno già perso più volte con il migliore degli eserciti, non vinceranno di certo ora con la più vile delle armi. Come ha affermato qualche tempo fa Sayyed Hassan Nasrallah, “La Resistenza è una questione di fede e di principio”, una fede e un principio che molti ancora si ostinano ad ignorare.