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Gaza: cedere le armi in cambio della ricostruzione, il vile compromesso della comunità internazionale

di Giovanni Sorbello

Di fronte a un dramma umanitario si dovrebbe rispondere con un’immediata e concreta solidarietà, ma forse questi sono aspetti e atteggiamenti che non appartengono più a questo mondo. Quello che vi raccontiamo è solo l’ultimo atto vigliacco e disumano attuato dalla comunità internazionale contro il popolo palestinese. Si chiede ad un popolo, represso e massacrato da oltre 60 anni, di rinunciare alla propria resistenza armata, l’unico mezzo che gli consente ancora oggi di difendere la propria terra e la propria libertà, per ricevere in cambio cibo, farmaci e materiali per ricostruire le loro case distrutte dai bombardamenti israeliani.

L’alto funzionario di Hamas, Ismail Radwan, ha dichiarato venerdì scorso durante un sermone che il suo movimento rifiuta totalmente ogni compromesso sulle armi della resistenza e respinge le molteplici pressioni della comunità internazionale sulla Striscia di Gaza.

“Non accettiamo compromessi sulle armi della resistenza per ricevere in cambio i promessi aiuti per la ricostruzione delle nostre case”, ha affermato Radwan. L’alto dirigente di Hamas ha anche condannato duramente il regime israeliano per l’assedio che da otto anni impone sulla Striscia di Gaza. Le “sanzioni” di Tel Aviv hanno segnato drammaticamente i vari settori e aspetti della quotidianità dei gazawi. Dopo tre guerre consecutive per Gaza si profila una vera e propria catastrofe umanitaria.

La resistenza palestinese condanna il silenzio complice dei Paesi arabi – soprattutto quelli del Golfo – di fronte ad una situazione umanitaria senza precedenti per la Striscia di Gaza. La popolazione è costretta a vivere, o meglio, a sopravvivere alle molteplici emergenze, tra cui interruzione di corrente elettrica, mancanza d’acqua, crisi economica, disoccupazione a livelli storici, la chiusura dei valichi di frontiera e il ritardo nella ricostruzione, che condanna ancora oggi più di centomila persone a vivere sulle macerie delle proprie case.

Più di 10mila pazienti – la maggior parte feriti durante l’ultima aggressione israeliana – restano ancora in attesa del permesso per attraversare il confine e poter ricevere le adeguate cure all’estero. Questo è il dramma di 1,7 milioni di civili, inascoltati, dimenticati e traditi da tutti.

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