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Halloween è solo “dolcetto o scherzetto”?

Grandi zucche forate illuminate dall’interno, scheletri e cupe figure incappucciate, risate agghiaccianti e un ritornello ossessivo: “Dolcetto o scherzetto”? È questo Halloween? Solo una moda, una festa, una nuova consuetudine che si è imposta negli ultimi anni, grazie anche alla persuasività di cinema e televisione?

Ormai la festa di Halloween è entrata nel mondo della scuola. Molti sono gli istituti scolastici, dalla scuola primaria a quella superiore, dove gli insegnanti fanno festa insieme ai bambini, tra giochi e disegni. È entrata perfino nelle chiese, durante la messa, negli anni permissivi aperti al modernismo, in cui anche l’agenzia cattolica Zenit, confondendo il capodanno celtico con la festa di Ognissanti, proclamava: “Non bisogna temere l’Halloween cattivo, e per questo bisogna conoscerlo bene. Si può far festa ad Halloween, ricordando che cosa questo giorno abbia significato per secoli e cosa voglia ancora oggi testimoniarci. Halloween va salvata: le va ridato tutto il suo antico significato, liberandola dalla dimensione puramente consumistica e commerciale e soprattutto estirpando la patina di occultismo cupo dal quale è stata rivestita”.

Halloween e devianze religiose

Poi qualcuno ha cominciato a porsi qualche dubbio, a parlare di “devianze religiose” e di “derive spiritualistiche”, di “una festa importante per i satanisti”, “anticamera verso percorsi esoterici” “c’è stata una palese modificazione della verità. Da festa religiosa, Halloween è diventata un prodotto commerciale basato sull’horror banalizzando argomenti sacrali come la vita, la morte e il rapporto con l’Aldilà” in un osceno sincretismo massonico, dove si esalta il “Signore della morte Samhain” per mettere al bando le celebrazioni di santi, martiri e defunti. Al punto che si arriva al divieto di festeggiare Halloween, e si parla di scomunica del vescovo, almeno in Emilia Romagna.

Intanto se in Italia, Paese cattolico, le zucche vuote continueranno anche quest’anno a festeggiare streghe e diavoli (covid permettendo), viene da chiedersi: perché le facce sono tinte di nero nelle feste di Halloween, in particolare negli Usa, dove questa festa si è particolarmente sviluppata?

La cultura dominante

La blackface è semplicemente appropriazione culturale che accade quando la cultura dominante travisa elementi di un gruppo soggiogato. Così i neri sono stati presentati come ignoranti, impertinenti e pigri nel corso della storia americana. I cantanti sono stati ampiamente utilizzati per presentare stereotipi negativi degli afroamericani per un pubblico prevalentemente bianco. Interpreti bianchi con la “faccia nera”, per l’intrattenimento. Appena gli afro-americani sono stati in grado di ottenere l’accesso al settore dello spettacolo, anche loro si vestono in blackface, ma con minore retribuzione delle loro controparti bianche. Esempio lampante di oggi: Trinidad James, il rapper nero superimitato.

A volte l’appropriazione culturale passa attraverso prestazioni stravaganti o pornografiche come nel caso di Lady Gaga o di Miley Cyrus, con i suoi ballerini neri, caricature culturali alimentate dall’ignoranza giovanile. È questo il significato delle facce tinte di nero di Halloween, festa che negli Stati Uniti si veste di arancione, in linea con la serie televisiva Orange is the new black, niente altro che un mix vincente di carcere, sesso, omosessualità e violenza. I costumi arancione come la divisa delle carceri e le facce nere sono pronti per l’esibizione delle star nei party faraonici di Halloween per essere divulgati e imitati dalla Millennium Generation.

Cosa abbiamo a che fare con questa tradizione americana?

Le nostre Celebrazioni di Ognissanti e dei Defunti – al di là del significato puramente religioso – poggiano su un diverso substrato culturale, legato al mondo etrusco e romano dei Lares e dei Manes, gli spiriti protettori degli antenati defunti celebrati nelle Feste delle Lemurie di maggio, spiriti che vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale. Per loro il pater familias compiva dei riti con nove semi di fava, legume considerato sacro per suoi fiori bianchi segnati dalle impronte dei morti e che serviva nei banchetti funebri, rimasto ancora oggi nelle tradizioni locali  legate ai defunti come “zuppa dei morti” o “le fave dei morti”.

Forse che un progetto perverso ci spinge lentamente ad abbandonare la positività delle nostre tradizioni per abbracciare la negatività di tradizioni importate nel nome di un modernismo sincretistico?

di Cristina Amoroso

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