Global Sumud Flotilla: abusi e violenza da parte israeliana

L’eco per quanto smosso dalla Global Sumud Flotilla non si è ancora spento, le manifestazioni spontanee che hanno risvegliato una parte della società occidentale non verranno presto dimenticate, così come non verranno dimenticati i tentativi di una parte della stampa assoggettata al potere politico e al sionismo, di far trapelare i casi di violenza che ci sono stati.
Le contraddizioni e la doppia morale
La figura barbina del ministro degli Esteri italiano, Tajani, che in televisione se ne esce con un affermazione del genere: “Il diritto internazionale conta fino ad un certo punto”, è l’emblema non solo dell’asservimento dell’Italia che si è consegnata mani e piedi ad Israele, appaltandogli la cyber security e vendendo armi, ma anche della doppia morale dell’Occidente. Le manifestazioni represse nella “civile” Germania dipingono un quadro a tinte fosche per quello che rimane dell’Europa.
Global Sumud Flotilla, nell’inferno della “democrazia” sionista
Ci hanno raccontato quanto buono e caro sia Israele, della sua magnifica democrazia, del suo esercito che non spara sui civili, di quanto importante sia la sua presenza in quella zona. Poi arriva la realtà. L’atto di pirateria compiuto in acque internazionali ai danni della Flotilla è la dimostrazione lampante di come funziona il regime sionista. Stanno facendo scalpore i racconti degli attivisti arrestati e trattati come terroristi, fa rabbia leggere di Greta Thumberg umiliata dai soldati israeliani.
“Ci hanno preso a calci, ci hanno ordinato di piegare la testa e guardare a terra e chi alzava lo sguardo veniva messo in ginocchio. Ci sono stati attivisti che si sono urinati addosso. Qualsiasi oggetto che richiamasse la Palestina veniva strappato, buttato a terra e calpestato. Ci hanno chiuso dentro un furgone, un blindato, sotto il sole e senza l’aria condizionata. Non ci hanno permesso di bere acqua, l’unica era quella del rubinetto che usciva bollente. L’ex vice ministro turco aveva il braccio rotto, nessuno gli ha dato una fasciatura, ad un uomo che soffriva di epilessia sono stati tolti i farmaci”.
“Il secondo giorno è arrivata l’assistenza consolare; ci è stato chiesto se avessimo subito abusi e ci è stato detto che se avessimo firmato la deportazione, il giorno dopo saremmo stati rispediti in Italia. Molti hanno firmato. Il mio interrogatorio è stato fatto da un giudice senza l’assistenza di un avvocato; ho detto di essere un giornalista e che non avrei parlato senza avere l’assistenza legale o del consolato. La notte sono arrivate le forze speciali: hanno spalancato le porte delle celle, ci hanno puntato i fucili contro e aizzato i cani”, racconta Lorenzo D’Agostino, collaboratore de “Il Manifesto”, rientrato in Italia passando da Istanbul.
di Sebastiano Lo Monaco