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Funerali Priebke, la misera Italietta entra in scena

Bombardamento americano su San Lorenzo, 1500 civili vennero massacrati

di Mauro Indelicato

Tra corsi e ricorsi storici, non ci si arriva mai; ed in Italia, si corre sempre quando ormai la storia è ferma ed incastonata negli scatoloni degli album da ricordo. La storia del gerarca Priebke, ne è la dimostrazione: nessuno ancora riesce a guardare con una certa obiettività la storia recente, quella che ancora qualche vivente ricorda per averla vissuta sulla sua pelle. L’operazione semplice invece, che andava fatta e che andrebbe fatta non solo per amor di verità, ma anche per riappacificare ampie fette di Paese che sembrano svegliarsi solo quando il fuoco della storia inizia ad ardere ferocemente, è una sola: giudicare i fatti, guardare unicamente a ciò che è accaduto nella nostra penisola in quegli anni, snellendo la storia da bandiere ed etichette verso chiunque in quel periodo storico abbia usato le armi.

Sul caso Priebke, il quale in cuor suo probabilmente sperava di far parlare in maniera così ampia della sua morte, bisogna partire, per esempio, da un fatto che non si può negare: le fosse ardeatine rappresentano un evento luttuoso per tante famiglie. Giusto quindi che la storia giudichi negativamente l’omicidio indiscriminato di più di 300 persone a sangue freddo senza sé e senza ma; che poi la responsabilità sia di un sistema nel suo complesso o del singolo gerarca che ha eseguito un ordine, è più roba da giudici che da osservatori storici. Ma qualcosa, in questo pazzo e malato Paese, non quadra affatto: in quelle stesse giornate del 1944, poco più a sud di Roma, massicci bombardamenti americani hanno distrutto la secolare abbazia di Monte Cassino e, sempre nel corso di questi rastrellamenti aerei, più di mille civili persero la vita.

Perché dunque, se si prende a calci la bara di un gerarca tedesco, l’italiota medio non scende con la stessa enfasi in piazza a bruciare vessilli a stelle e strisce o a chiedere all’ambasciata Usa di aprire un’inchiesta su chi ha causato quei lutti durante il conflitto bellico? Per spiegare meglio questo concetto, ecco un esempio forse ancora più pratico: nel luglio del 1943, 196 persone ad Agrigento morivano sotto un raid effettuato dall’aviazione statunitense. Non c’erano particolari operazioni militari in corso nella città siciliana in quelle ore, anche perché una convenzione internazionale impediva particolari raid vista la vicinanza con il sito storico della Valle dei Templi; eppure, nel pieno di un lunedì mattina di luglio, senza particolari preavvisi, i cittadini vedevano calare sopra le proprie teste le bombe dei “liberatori” e non certo su specifici obiettivi militari, bensì nel cuore del centro storico, provocando un elevato numero di vittime e costringendo la città a vivere con i cadaveri in mezzo le piazze per diversi giorni.

Perché mai un processo è stato aperto, anche solo per individuare chi diede l’ordine di terrorizzare in quella maniera la cittadina di Agrigento? E quante altre città, più grandi o più piccole, hanno subito in tre anni di bombardamenti la stessa sorte? Oppure ancora, quanti giovani sono morti per mani di milizie partigiane, solo perché sospettati di essere fascisti? L’Italia del dopoguerra, non è mai più diventata una nazione, proprio perché nessuno ha compreso che, se di lingua tedesca, inglese, francese o spagnola, un invasore è sempre un invasore; chi varca l’Adriatico o il Tirreno o il canale di Sicilia, per dettare legge su un territorio, si appropria di un diritto che non gli compete e che spetterebbe alla popolazione italiana. Questo principio, è stato difeso solo per attaccare una parte in conflitto, osannando invece chi ha vinto la guerra sopra il sangue di migliaia di concittadini morti alla stessa maniera di come sono morti migliaia di vietnamiti, iracheni, afghani e libici.

I calci dati alla bara di Priebke, possono avere un senso, nel momento in cui la stessa foga la si usa contro americani ed inglesi che hanno ridotto a cumuli di macerie intere città in giro per la penisola; invece, le immagini di un corteo funebre di una persona di 100 anni trasformato in un ring tra manifestanti e poliziotti, è il segno della più becera idiozia italiota, è il gesto di personaggi la cui obiettività storica è offuscata dall’indottrinamento culturale operato dai vincitori della seconda guerra mondiale oppure, nella migliore delle ipotesi, rappresenta solo un’azione compiuta da ragazzi che hanno approfittato della situazione per mettersi in mostra. Fatto sta, che nel 2013 in Italia, la via verso la verità e l’eliminazione dei tanti buchi neri storici, è ancora decisamente in salita.

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