Giappone. La destra vince le elezioni con la benedizione degli ambienti industriali e l’appoggio della setta buddista Soka Gakkai
Cristina Amoroso
“Abbiamo vinto le elezioni con una politica che decide”: con queste parole, il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha aperto la conferenza stampa dedicata all’ampio successo elettorale che ha visto la coalizione di governo conquistare il controllo anche alla Camera Alta, in cui in cui potrà contare su 135 seggi su 242.
Nei tre anni a disposizione, Abe governerà quindi con un forte mandato che gli permetterà di porre il Paese su un binario di crescita sostenibile con un programma di deregulation, mentre gli investitori internazionali si attendono modifiche incisive su fronti controversi come una liberalizzazione del mercato del lavoro e un abbattimento della tassazione sulle imprese.
Resta il dubbio se con il suo partito rafforzato l’Abe-ideologo prevarrà sull’Abe-pragmatico, passando a privilegiare l’attuazione di una agenda politica nazionalista e cambiando, come desidera, la costituzione ultrapacifista del paese.
Sta di fatto che Abe ha raggiunto la maggioranza assoluta grazie all’alleato New Komeito che altro non è che un partito politico giapponese affiliato al movimento religioso Soka Gakkai.
Il New Komeito è l’arma politica della Soka Gakkai per realizzare il disegno che vorrebbe il Buddismo Soka come la religione di stato in Giappone, e, grazie al Kosen-rufu (diffusione), nel mondo intero. Daisaku Ikeda, capo della Soka Gakkai, è considerato de facto il capo del New Komeito. Ikeda ha detto che il proposito del coinvolgimento politico della Soka Gakkai è quello di istituire lo “Obutsu Myogo”, o “Democrazia Buddista”, uno stato teocratico.
Il partito è di destra, conservatore, xenofobo e teocratico ed è quindi il partito teocratico buddista della Soka Gakkai. La missione del partito è di rendere pionieristica “la politica basata sulla gente, una politica basata sull’umanitarismo che tratta la vita umana con il massimo rispetto e cura” (New Komeito, 2002). Dal punto di vista nazionale, i propositi del partito includono la riduzione della burocrazia e la forza del governo centrale, l’aumento della trasparenza negli affari pubblici, l’aumento dell’autonomia locale (le famose prefetture giapponesi), più forza al settore privato, motore di un ruolo più centrale del partito. Riguardo alla politica estera, il partito si augura di eliminare le armi nucleari e i conflitti armati in generale. Facendo ciò, il partito spera di veder sorgere “l’alba di una nuova civilizzazione dell’umanità”(sic).
Il New Komeito fa parte del governo nonostante l’articolo 20 della Costituzione sancisca la netta separazione tra attività politica e attività religiosa. E, nonostante i suoi propositi pacifisti, il partito ha votato a favore dell’invio di 500 soldati giapponesi in Iraq e del progetto dell’esecutivo di riarmare il paese con due disegni di legge atti alla ristrutturazione dell’apparato militare. Fondata su un sistema di ideali genuini, la Gakkai si è via via trasformata, attirando su di sé critiche e denunce, soprattutto da quando è diventata la “creatura personale” del padre-padrone Ikeda.
Il guru, o “sensei” (maestro), ultra-settantenne, trascorre il suo tempo viaggiando e professando una filosofia intrisa di messianesimo e pacifismo, nonostante i suoi seguaci non abbiano – in più occasioni – disdegnato la violenza quando occorreva mettere a tacere gli oppositori politici o religiosi. Più di 10 anni fa, membri della setta attaccarono la sede della corrente buddhista antagonista Nichiren Shoshu con bombe e torce. I detrattori della Soka Gakkai dicono che i suoi membri vengono minacciati di finire all’inferno, se criticano o abbandonano la Gakkai. Equivalente buddhista di un Esercito della Salvezza – innegabile l’attività umanitaria e di sostegno economico alle fasce più bisognose della popolazione – il suo patrimonio è valutato dai più informati sui 60 miliardi di euro.
Se in Italia nelle 18 sedi della Sokka Gakkai, frequentate assiduamente e religiosamente soprattutto da donne, prevale la pratica della recitazione del titolo (daimoku) del Sutra del Loto fino all’autostordimento: “nam myōhō renge kyō”, in Giappone, aspre critiche vengono mosse da chi sostiene che le posizioni della Soka Gakkai favorevoli alla pace, le raccolte di firme contro la pena di morte, la promozione dell’ambientalismo, non siano che iniziative di facciata per favorire il proselitismo all’estero, sempre più in espansione in tutto il mondo.