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Gaza strangolata dall’embargo israeliano

Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ma’an, domenica mattina a causa della mancanza di carburante si sono definitivamente fermati i veicoli per la raccolta dei rifiuti nella Striscia di Gaza, costringendo le autorità locali ad impiegare carretti trainati da asini per raccogliere i rifiuti di città e villaggi della regione. Mohammad al-Farra, ministro del governo locale, ha indetto una conferenza stampa domenica 24 novembre nella quale ha dichiarato che circa 70 veicoli per la raccolta dei rifiuti sono stati fermati a causa della crisi energetica che attanaglia gli abitanti della Striscia dall’inizio del mese.

I veicoli della nettezza urbana sono stati sostituiti da mezzi primitivi trainati da asini, che dovrebbero riuscire a trasportare ben 1.700 tonnellate di rifiuti solidi nelle strade della Striscia ogni giorno. Al Farra ha constatato che la soluzione adottata è inadeguata e potenzialmente pericolosa per la salute degli abitanti, ma è l’unica al momento attuabile e chiede alle organizzazioni internazionali presenti nella Striscia di sostenere il lavoro delle autorità. Il ministro ha puntato il dito contro l’Autorità Palestinese di Ramallah, accusandola di complicità con l’occupante israeliano, dal momento che avalla di fatto l’assedio sulla Striscia di Gaza con l’imposizione di altissime tasse sul gasolio israeliano.

I comuni hanno bisogno di 150 mila litri di gasolio al mese per operare e di 700 mila litri per gli impianti idrici e i servizi igienico-sanitari. Già a metà novembre, gli impianti di depurazione in alcuni quartieri di Gaza si sono fermati per la mancanza di carburante, con la conseguente fuoriuscita delle acque reflue che hanno invaso le strade. La mancanza di carburante ha di fatto aggravato una situazione già molto critica, ed è il risultato di un assedio criminale e illegale da parte dell’occupante israeliano imposto nel 2006, con la complicità del governo egiziano.

Fino a luglio di quest’anno i tunnel che collegano Gaza con l’Egitto hanno rappresentato l’unica ancora di salvezza per il popolo palestinese nella più grande prigione a cielo aperto del mondo che è Gaza; ma, con la caduta del presidente egiziano Morsi, l’Egitto ha rigorosamente applicato il blocco e ha distrutto i tunnel attraverso i quali i gazawi si rifornivano di beni di prima necessità. Il Generale Maggiore dell’esercito egiziano Ahmad Ibrahim ha dichiarato che 800 gallerie sono state distrutte dall’inizio dell’anno fino a ottobre, mentre funzionari di Rafah hanno stimato che oltre il 95% dei tunnel è stato completamente distrutto e reso inaccessibile.

Da qui le accuse da parte palestinese contro un assedio che ormai non è più solo israeliano ma anche egiziano. Secondo quanto riporta Alray, Richard Falk, esperto di diritti umani per le Nazioni Unite, ha fatto appello alla Comunità internazionale, affinché intraprenda una mobilitazione urgente per evitare una catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza. “La carenza di carburante e le interruzioni di corrente hanno aggravato una situazione già precaria, interrompendo la fornitura dei servizi di base come servizi igienico-sanitari. L’inizio dell’inverno peggiorerà le cose”, ha dichiarato Falk in un comunicato stampa. Ha inoltre reso noto che meno della metà del fabbisogno totale di energia a Gaza è soddisfatto e che le interruzioni di corrente ai servizi sanitari specializzati come dialisi, sale operatorie, banche del sangue, unità di terapia intensiva e incubatrici stanno mettendo a rischio la vita dei soggetti più vulnerabili: i malati.

Come se non bastasse, in seguito alla chiusura del valico di Rafah è impossibile per questi soggetti ricorrere a cure specialistiche al di fuori della Striscia. Un altro aspetto che rende drammatica la situazione dei malati a Gaza è che il costo delle cure necessarie tanto in Egitto quanto in Israele è proibitivo per molte famiglie, strette nella morsa della povertà, conseguente anch’essa al blocco israeliano imposto sulla Striscia di Gaza dal 2006. Richard Falk ha affermato che Israele ha l’obbligo di prendere tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile di Gaza contro questo deterioramento della qualità della vita e che il rifiuto da parte del governo di Tel Aviv di queste responsabilità, equivale all’imposizione di una punizione collettiva, incondizionatamente vietata e punita dalla Quarta Convenzione di Ginevra.

Falk ha infine esortato le autorità di Gaza a cooperare con l’Autorità Palestinese per assicurare la disponibilità di risorse agli abitanti. Basato sul concetto omesso di sottomettere un intero popolo con la carestia, in tutte le sue forme, il blocco israeliano su Gaza è chiaramente un atto che viola le più elementari forme del diritto internazionale, in contraddizione con gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite ed è una trasgressione del diritto alla pace, allo sviluppo, all’autodeterminazione e alla sicurezza. Tutti i più autorevoli organismi internazionali concordano col definire illegale il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza. E’ lecita una domanda: “Chi costringerà Israele a rispettare le leggi?”.

di Manuela Comito

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