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Gaza secondo lo scenario sionista-americano

Il genocidio sionista-americano a Gaza apre la strada a un nuovo, vecchio piano occidentale. Seguendo giornali e siti web americani, scopriamo che il destino della Striscia di Gaza in prima battuta e dell’intero Medio Oriente in seconda, è in cima ai titoli di molti articoli, ed è diventata la principale preoccupazione dell’amministrazione del presidente americano Joe Biden, ovvero: “Chi governerà Gaza dopo la fine della guerra?». La stampa americana ha riferito che l’amministrazione della Casa Bianca ha iniziato a pianificare la “fase successiva” per la fine della guerra e a rispondere a domande problematiche come: chi gestirà la Striscia una volta che le armi taceranno, come potrà essere ricostruita e forse come diventerà alla fine parte di uno Stato palestinese indipendente? Le parti interessate si trovano di fronte a una serie di opzioni “poco attraenti”.

Israele vuole il controllo della Striscia

Lo scenario proposto è quello di mantenere da parte di Israele il controllo della sicurezza sulla Striscia di Gaza e di formare un gruppo per supervisionare quello che è stato chiamato un “periodo di transizione” che includa i Paesi arabi, anche se questo non significa che ci sia l’approvazione araba, ma Washington preme in questa direzione, nel tentativo di garantire una copertura araba al massacro delle forze di occupazione nella Striscia di Gaza. Ciò che colpisce è che il “Consiglio di transizione”, come dicono i centri di ricerca sionisti in America vicini all’amministrazione americana, come il Washington Institute, non include l’Autorità palestinese tra i suoi membri, perché la leadership politica sionista ritiene che il comportamento dell’Autorità in Cisgiordania negli ultimi tre anni è stata insoddisfacente e non è riuscita a frenare le fazioni della Resistenza. 

Questo scenario è stato respinto dall’Autorità, nonostante la sua scarsità, e le dichiarazioni dei suoi funzionari che approvavano l’amministrazione di Gaza, prevedevano che “questa fosse parte di una soluzione globale alla situazione di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme”. Allo stesso modo, questo scenario non è stato accolto favorevolmente dal Cairo e da Amman, il che ha reso difficile per l’amministrazione americana il compito di trovare una risposta alla questione del dopoguerra.

Il destino di Gaza nelle mani della Resistenza

Secondo i giornali americani, il segretario di Stato americano Anthony Blinken, durante la sua recente visita in Medio Oriente, si è impegnato per portare avanti queste discussioni, ma non sono arrivate risposte chiare e affidabili.

Si dice che Blinken abbia detto ai giornalisti: “Non ci illudiamo che la soluzione sarà facile. Senza dubbio soffriremo per i disaccordi lungo il percorso”, ha affermato, aggiungendo che “l’alternativa è una maggiore sofferenza di persone innocenti, e questo è inaccettabile”. Questa affermazione conferma che i funzionari americani sanno molto bene che la brutale risposta sionista a quanto accaduto il 7 ottobre ha portato ad alimentare la rabbia palestinese, ostacolando il progresso verso una “pace” più sostenibile nella regione.

Dopo 77 giorni di bombardamenti sulla Striscia di Gaza, secondo le stime dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, sarebbero state distrutte circa 235mila case, ovvero l’equivalente del 62% delle strutture residenziali, e l’80% della popolazione è stata sfollata. Tuttavia, gli osservatori ritengono che fare progetti per il futuro comporterà molte complicazioni a causa di ciò che sta accadendo alla luce del protrarsi del conflitto. 

Quanto detto sono solo chiacchiere senza gravi ripercussioni sul terreno, poiché è la Resistenza ad avere l’ultima parola, e la fermezza della popolazione di Gaza determinerà la risposta finale. Nessuno sarà capace di imporre le proprie condizioni come immaginano gli americani, e dietro di loro i sionisti e alcuni regimi arabi partner.

di Redazione

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