Gaza: la politica di Netanyahu e il coinvolgimento Usa

Dopo un lungo rinvio nell’attuazione della seconda fase del cessate il fuoco a Gaza, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso apertamente di riprendere la guerra nella Striscia. Netanyahu rifiuta categoricamente di ritirare le truppe di occupazione da Gaza, fermare la guerra e togliere l’assedio imposto alla Striscia.
I calcoli politici di Netanyahu, basati sul sostegno della coalizione di governo, sono alla base della ripresa della guerra, sapendo che la Knesset è pronta ad approvare il bilancio “statale” la prossima settimana.
Dana Face, analista politico, ha affermato che l’accordo di cessate il fuoco non è saltato, ma è stato deliberatamente distrutto da Netanyahu e sostenuto dall’amministrazione Trump.
La necessità di Netanyahu di ottenere i voti di Itamar Ben Gvir alla Knesset lo ha spinto a riprendere la guerra per soddisfare la sete di sangue palestinese del ministro.
Mercoledì scorso, migliaia di israeliani antigovernativi hanno protestato contro il governo israeliano a causa del suo piano di licenziare il capo dello Shin Bet e della ripresa della guerra a Gaza. Intanto, l’esercito sionista continua a commettere massacri contro la popolazione locale di Gaza.
L’esercito israeliano ha annunciato in una nota l’inizio di un’“operazione terrestre” nella Striscia di Gaza centrale e meridionale, per espandere la zona di sicurezza e stabilire una zona cuscinetto parziale tra la Striscia di Gaza settentrionale e meridionale.
Coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra a Gaza
La dichiarazione della Casa Bianca che annunciava che il governo israeliano aveva consultato l’amministrazione statunitense prima della ripresa della guerra a Gaza, oltre alle chiare dichiarazioni sioniste sul sostegno degli Stati Uniti, ha consacrato il coinvolgimento diretto del governo Trump nel piano. Negli ultimi giorni, imponenti manifestazioni di protesta si sono svolte a Seattle, Washington, San Francisco, California e Milwaukee, Wisconsin.
di Redazione