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Gaza, neanche i bambini commuovono più

“Centottanta neonati e bambini con meno di 5 anni. Centottanta bambini indifesi uccisi dalle Forze di Difesa Israeliane (Idf) durante il conflitto tra Gaza e Israele nel 2014. Durante il sonno, mentre giocavano o scappavano; nei loro letti o tra le braccia dei loro genitori.

Provate a immaginare – l’esercito ha ucciso ben 546 bambini in soli 50 giorni. Più di 10 bambini al giorno, una classe ogni tre giorni. Provate a immaginare”.

Bambini palestinesi uccisi a Gaza 2014

Esordisce così Gideon Levy, giornalista israeliano, nel suo articolo pubblicato sull’Haaretz dal titolo “Che tipo di società non prova assolutamente niente dopo aver ucciso centinaia di bambini?”. (What sort of society feels absolutely nothing after killing hundreds of children?) La domanda è rivolta alla società israeliana, ai suoi concittadini israeliani. Quella stessa società che, come la nostra, prova smarrimento davanti alla foto di Aylan, il piccolo siriano affogato per sfuggire all’insensatezza della guerra.

Foto che ha fatto il giro del mondo, che ha commosso il mondo. Esattamente come quella dei quattro piccoli palestinesi colpiti a morte dalla marina israeliana.  mentre giocavano sulla spiaggia. Uccisione archiviata come “tragico incidente” da un’indagine interna dell’esercito di Tel Aviv. Sono tanti i “tragici incidenti” per i quali l’esercito israeliano si è dovuto auto assolvere e che la società civile finge di non vedere.

Le denunce di Breaking the Silence

Sono numerosi i soldati israeliani che si sono schierati contro l’operato dell’esercito, accusandolo di aver causato “un danno immenso e senza precedenti per la popolazione civile e le infrastrutture della Striscia di Gaza”. Le testimonianze di circa sessanta, tra ufficiali e soldati, che presero parte all’operazione Margine Protettivo nel 2014 (Protective Edge) sono state raccolte in un rapporto dal titolo “This is How We Fought”. Si racconta come spesso venissero presi arbitrariamente di mira i civili, comprese donne e bambini, senza nessuna giustificazione strategica. “Quando continui a sparare a tutto ciò che si muove, e anche alle cose che non si muovono […] il bene e il male si confondono, si perde ogni morale, si perde la bussola, diventa come un videogioco. Davvero, davvero figo e reale”, ha dichiarata il soldato Yallah circa il suo operato.

Per i militari che hanno deciso di rompere  il silenzio con le loro voci, niente è stato più come prima. Per gli altri la vita è andata avanti come se niente fosse. Un lavoro come un altro, in alcuni casi divertente come un videogioco. Per la società e i civili israeliani rimangono solo le ragioni di sicurezza che giustificano tutto, anche la morte di bambini innocenti e che oggi portano a una compassione selettiva.

Ed è in nome di questa sicurezza nazionale che gli israeliani, esattamente come italiani ed europei, stanno lentamente perdendo la propria umanità.

Domani non saremo neanche più in grado di provare quella poca indignazione per la morte di bambini come Aylan, solo ennesime vite sacrificate sull’altare della nostra sicurezza.

di Irene Masala

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