Gaza: la crisi energetica sta uccidendo l’agricoltura
La crisi energetica nella Striscia di Gaza sta affossando il settore agricolo. L’impossibilità da parte degli agricoltori di poter utilizzare i pozzi, alimentati a corrente elettrica, per irrigare le loro terre sta determinando la perdita di moltissimi raccolti, in un territorio già fortemente devastato ed impoverito.
Dal 19 giugno scorso la fornitura quotidiana di energia elettrica è arrivata a meno di quattro ore al giorno. L’azienda energetica israeliana, nelle ultime settimane, ha tagliato altri sei megawatt sulla linea che rifornisce il Nord e il Nord Ovest di Gaza, ovvero le zone più redditizie per l’agricoltura.
L’aumento del black out sta minacciando la vita delle piante e la stessa sicurezza alimentare dei palestinesi. Alcuni agricoltori si sono visti costretti ad acquistare generatori per mantenere vivi i loro raccolti, ma l’alto costo del combustibile sta incidendo pesantemente sul prezzo dei prodotti.
Una reazione a catena che non trova fine. Una crisi che minaccia di aumentare, oltre tutto, le fila di disoccupati nel settore agricolo e di coltivatori che presto non saranno più in grado di far fronte ai crescenti costi della loro attività.
Basti pensare che il costo dei generatori per la gestione dei pozzi di irrigazione è pari a 30 dollari l’ora, prezzi che superano abbondantemente le possibilità finanziarie degli agricoltori.
Il blocco di elettricità colpirà presto la già precaria economia di Gaza e porterà ad una forte instabilità della sicurezza alimentare, con conseguente diminuzione del potere d’acquisto e calo delle esportazioni.
I dati parlano chiaro. Secondo un recente rapporto del Ministero dell’agricoltura i danni causati dalla crisi energetica sono stimati a quasi 55 milioni di dollari.
Se il blocco non cessa, la Striscia di Gaza rischia la desertificazione.
di M.I